Antonio Tabucchi era uno di quegli uomini capaci di guardare dentro alle persone come si guarda dentro una valigia mal chiusa: un po’ di curiosità, un po’ di timore e la sensazione che da un momento all’altro possa uscire qualcosa che non ti aspetti. Scrittore coltissimo, amante del Portogallo, compagno di pensieri del suo amico immaginario-preferito Fernando Pessoa, Tabucchi ha passato una vita a inseguire ciò che più sfugge: il tempo, la verità e soprattutto i ricordi. E non è un caso che proprio sui ricordi abbia scritto alcune delle sue pagine più belle, acide, dolci e tremendamente utili per capire la vita vera, quella che non sempre profuma di nostalgia.

Chi era davvero Antonio Tabucchi
Nato a Pisa nel 1943, Antonio Tabucchi era un intellettuale anomalo: serio senza essere pesante, tagliente senza essere crudele, romantico senza smancerie. Era uno che ti parlava come scriveva: con quella calma disincantata che ti fa pensare “ok, questo ha capito tutto, e io ancora no”. Affascinato dalle identità fluide, dai dubbi esistenziali e dalle realtà parallele che ci inventiamo per sopravvivere, ha fatto della memoria il suo laboratorio preferito. Non tanto perché amasse ricordare, ma perché amava smascherare i ricordi.
Tabucchi e la strana magia dei ricordi
Per lui i ricordi non erano affatto fotografie fedeli del passato: erano più simili a autoritratti mal riusciti, oppure a trucchi da prestigiatore, o ancora a quelle storie che raccontiamo al bar e che, a forza di ripeterle, diventano sempre più eroiche.
Ne ha parlato ovunque: nei romanzi, come Si sta facendo sempre più tardi e Il tempo invecchia in fretta; nei saggi in cui analizzava il rapporto tra verità e immaginazione; nelle interviste, dove amava dire che la memoria è capace di “aggiustare, tagliare, stirare e ricamare” i fatti come una sarta creativa.
Per Antonio Tabucchi, ricordare è un’arte pericolosa. Non perché i ricordi siano inutili, ma perché sono instabili, parziali, e soprattutto profonde bugie che raccontiamo prima di tutto a noi stessi. Diceva:
“La realtà passata è sempre meno peggio di quello che fu effettivamente: la memoria è una formidabile falsaria.”
Questa frase è una delle sue più celebri e anche una delle più scomode. Tabucchi ci dice che il passato, così come lo ricordiamo, è quasi sempre ammorbidito, lucidato, corretto. La memoria, secondo lui, è una truccatrice professionista: mette il fard dove c’erano gli schiaffi, illumina dove eravamo al buio, taglia le scene scomode, soprattutto quelle in cui non eravamo proprio degli eroi. In altre parole: il passato reale era peggio di quello che ricordiamo. Sempre. E più ci emoziona oggi… più probabilmente lo stiamo raccontando male.
Perché questa frase ci aiuta a capire le relazioni e chi ci ha fatto male
Qui la lezione di Antonio Tabucchi diventa utile, quasi terapeutica. Quante volte abbiamo pensato: “Ma com’è possibile che non capisca quanto mi ha fatto soffrire?” La risposta, purtroppo (o per fortuna), è semplice: la sua memoria non è la tua memoria. Come dice Tabucchi, la memoria è una falsaria:
- cancella le responsabilità;
- attenua le colpe;
- enfatizza i momenti belli;
- trasforma errori giganteschi in piccoli incidenti;
- in certi casi, riscrive proprio l’intera storia.
E così capita che chi ti ha ferito ricordi solo le serate serene, gli abbracci, i momenti in cui andava tutto bene, mentre tu ti porti ancora dietro le crepe, gli strappi, le parole che pungevano.
Non è che non voglia capire. È che il suo archivio personale è stato falsificato.
E purtroppo il falsario non è lui: è la memoria stessa.
I ricordi ci guidano e ci ingannano
Antonio Tabucchi ci ha regalato una visione della memoria che è insieme poetica e brutale, ma anche tremendamente liberatoria. I ricordi ci guidano, sì, ma ci ingannano anche. Sono preziosi, ma sono bugiardi. E proprio per questo sta a noi decidere come usarli: per soffrire ancora… o per capire finalmente chi siamo davvero.
Frasi di Antonio Tabucchi sui ricordi
- “A conti fatti, della vita è più quello che non si ricorda di quello che si ricorda.”
- “I ricordi di quando si è bambini li hanno quelli che allora erano già adulti.”
- “Sai, figliolo, hai voglia di raccontare i tuoi ricordi agli altri, ma quel ricordo resta tuo e solo tuo i ricordi si raccontano, ma non si trasmettono.”
- “Gli ho chiesto di quei tempi, quando ancora eravamo così giovani, ingenui, impetuosi È rimasto qualcosa tranne la giovinezza.”
- “Il vero protagonista della storia che abbiamo vissuto non siamo noi, è la storia che abbiamo vissuto.”
- “Le fotografie di una vita sono un tempo segmentato in più persone o la stessa persona segmentata in più tempi?”
- “Il tempo è un mare in cui naufragano i ricordi.”
- “Il tempo più che passare si sciupa, si invecchia, si raggrinzisce… un tempo che torna indietro rendendo inquieto il presente.”
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