6 giugno 1861: Camillo Benso, conte di Cavour, se ne andava dopo aver dato scacco matto alla vecchia Italia. Sì, proprio lui, quello col monocolo e la parlantina tagliente, che riuscì a unire un Paese diviso da secoli di campanili, dialetti e dogane. Ma se c’è un filo conduttore nella vita politica di Cavour, oltre alla diplomazia e ai compromessi da equilibrista, è la libertà. Quella parola tanto usata oggi da politici, influencer e pubblicitari, ma che per lui era cosa seria. Una cosa da combattere, costruire, difendere.
Un conte poco aristocratico (almeno nel pensiero)
Camillo Cavour nasce nel 1810 a Torino, ma non è il classico nobile con la puzza sotto il naso. Ama i libri, l’agricoltura, il progresso e… il dibattito acceso. Quando apre bocca in Parlamento, anche i muri del Palazzo Carignano prendono appunti. Ma non era un rivoluzionario da barricate: era un liberale convinto, di quelli che pensano che la libertà si costruisce pezzo per pezzo, con riforme, giornali, ferrovie e… accordi col diavolo (Napoleone III, per esempio).
La libertà secondo Cavour: niente slogan, solo fatti
“La libertà è il bene più prezioso che gli uomini possano conquistare.”
Non è una frase da cioccolatino, è il cuore del pensiero cavouriano. Libertà, per lui, significa innanzitutto libertà politica, cioè avere una Costituzione, un Parlamento che discute (sul serio), stampa libera e opinioni contrastanti. Ma anche libertà economica: un mercato moderno, senza dazi assurdi tra città vicine, con ferrovie che uniscono e industrie che crescono.
Nel suo discorso alla Camera del 25 marzo 1861, poco prima di morire, lo disse chiaro e tondo:
“Senza la libertà, nessun progresso è possibile. La forza che fa grande una nazione è la libertà dei suoi cittadini.”
Era un pragmatista: la libertà non è un’idea romantica da gridare in piazza, ma un sistema da mettere in piedi con pazienza, mediazioni e qualche compromesso (anche doloroso).
Un uomo libero anche quando dava fastidio
Cavour era troppo moderno per i reazionari e troppo moderato per i rivoluzionari. Insomma, dava fastidio a tutti. Ma era libero. Libero nel pensiero, libero nel parlare, anche quando il re (Vittorio Emanuele II) avrebbe preferito il silenzio. Cavour non si è mai piegato ai dogmi religiosi, alla censura, né all’idea che l’Italia dovesse essere costruita “col sangue e col ferro” e basta.
Lui voleva un’Italia libera prima ancora che unita. E non si è mai fidato di chi prometteva libertà gridando troppo. Una frase che potrebbe essere sua (anche se non lo è) è: “Se urli libertà, ma poi censuri i giornali, sei solo un altro tiranno con un vestito nuovo.”
Libertà e responsabilità: due facce della stessa medaglia
Per Cavour, però, la libertà non era libertinaggio. Ogni libertà – di parola, di stampa, di coscienza – comportava una responsabilità. Non voleva un popolo libero per oziare, ma libero per fare: studiare, lavorare, votare, pensare. Come dire: “Ti ho tolto le catene, adesso datti da fare.”
E infatti il suo giornale, Il Risorgimento, fu uno strumento di battaglia culturale, prima ancora che politica. Scriveva per istruire, non per scandalizzare. Perché la libertà, se non è accompagnata dalla conoscenza, diventa solo una bandiera vuota.
Il lascito di un uomo scomodo
Cavour morì giovane, a 50 anni, appena tre mesi dopo l’Unità d’Italia. Ma aveva già lasciato un’eredità politica enorme: uno Stato unitario, una visione laica e moderna, e un’idea di libertà che ancora oggi sembra più avanti di molti talk show contemporanei.
Certo, era un uomo di compromessi. Ma in un’Italia fatta di mille campanili, era l’unico che riusciva a parlare con tutti. Con una sigaretta in bocca e un’agenda piena di idee, ha reso la libertà una cosa concreta, non uno slogan.
La libertà non è mai un regalo
Cavour lo sapeva bene: la libertà non si riceve, si conquista. E una volta conquistata, va difesa ogni giorno. Per questo, in un mondo dove tutti parlano di libertà come se fosse un hashtag, ricordarlo serve. Serve per non dimenticare che dietro ogni diritto c’è qualcuno che ci ha messo la faccia, il coraggio, e – nel suo caso – anche la vita.
Perché, come avrebbe potuto dire lui con ironia sabauda:
“La libertà è una signora esigente. Non la conquisti coi fiorellini, ma con il sudore e, ogni tanto, col mal di testa.”
Frasi di Camillo Benso conte di Cavour sulla libertà
- “La libertà è il bene più prezioso che gli uomini possano conquistare.”
- “Senza libertà non vi può essere vera civiltà.”
- “La libertà non è dono gratuito; essa si conquista con sacrificio e intelligenza.”
- “Un popolo che rinuncia alla libertà rinuncia alla propria dignità.”
- “La libertà politica è il fondamento di ogni progresso sociale ed economico.”
- “La vera libertà è quella che permette agli individui di vivere secondo le proprie idee, nel rispetto delle leggi.”
- “L’Italia deve conquistare la libertà per sé e per il suo futuro.”
- “Non esiste libertà senza responsabilità.”
- “La libertà è un equilibrio fragile, che va custodito con saggezza e fermezza.”
- “La libertà è il cammino verso la giustizia e la pace.”
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