Paolo Crepet non è uno che la manda a dire. Psichiatra, sociologo, scrittore, opinionista: da anni si diverte – e ci diverte – a smontare certe mode educative che definire “accomodanti” è un eufemismo. Una delle sue battaglie più note è contro il buonismo, quella tentazione di dire sempre “va bene così”, di non punire, di non contraddire, di non mettere mai confini. Un atteggiamento che, secondo lui, non rende i ragazzi più sereni, ma solo più fragili.

Chi è Paolo Crepet
Paolo Crepet è un uomo che conosce la vita da diverse prospettive: padre, medico, intellettuale, e anche provocatore pubblico. Ha scritto decine di libri e girato l’Italia con conferenze e interviste in cui alterna ironia e serietà. La sua cifra stilistica è quella di mettere il dito nella piaga, senza paura di essere impopolare. Perché, ammettiamolo, dire a un genitore che “non deve essere troppo buono” non è esattamente il modo più facile per farsi amici.
Che cos’è il buonismo per Crepet
Per lui il buonismo è un’illusione: il pensiero che si possa crescere un figlio senza mai fargli provare scivoloni, punizioni o frustrazioni. È quella filosofia educativa che trasforma ogni errore in un “non fa niente”, ogni voto basso in un “va bene lo stesso”, ogni capriccio in una piccola trattativa diplomatica. Peccato che, secondo Crepet, la vita non funzioni così: là fuori non ti aspettano carezze, ma sfide, porte chiuse, delusioni.
La frase che colpisce: niente vita reale senza inciampi
“Il buonismo ti fa evitare gli scivoloni, le punizioni e le frustrazioni, ma non prepara alla vita reale”
dice Crepet. Una frase che, a ben pensarci, è un pugno nello stomaco. Perché? Perché ci costringe ad ammettere che nel nostro tentativo di proteggere i figli, a volte, li stiamo solo rendendo incapaci di affrontare la realtà. Se non imparano a cadere quando sono piccoli, come faranno a rialzarsi da adulti?
Il consiglio: meno coccole zuccherose, più verità
Crepet non è un fautore dell’autoritarismo vecchio stile (“io comando e tu obbedisci”), ma di una via di mezzo: l’autorevolezza. Vuol dire saper dire di no, mettere limiti, spiegare che nella vita ci sono conseguenze. Non si tratta di diventare dittatori domestici, ma nemmeno di trasformarsi in camerieri dei propri figli. In pratica, un “ti voglio bene” non può essere sempre seguito da “fai come ti pare”.
Perché ci riguarda tutti
Questa lezione non è solo per i genitori. È per insegnanti, educatori, ma anche per chiunque abbia responsabilità sugli altri. Crepet ci ricorda che la vita non è una carezza infinita: è fatta di sbagli, di cadute e di rialzate. E il vero atto d’amore è insegnare ai nostri figli a non avere paura delle botte (metaforiche, si intende) che la realtà darà loro.
Un invito a svegliarci
Paolo Crepet è tanto amato quanto criticato, ma una cosa è certa: sa accendere discussioni. E il suo attacco al buonismo è un invito a svegliarci. Perché crescere figli sempre protetti, senza mai un “no” e senza mai un inciampo, equivale a lanciarli nel mondo con le gambe molli. E allora sì, forse ogni tanto un voto basso, una punizione o un divieto sono il miglior regalo che possiamo fare.
Frasi di Crepet sul buonismo
- “Quel buonismo per cui torni a casa e non hai una punizione, fa credere ai figli che la loro vita vada avanti lo stesso.”
- “Non c’è nessuna differenza, ai miei tempi prendere 7 cambiava la vita drasticamente; oggi il buonismo fa sembrare tutto uguale. Dopo la terza volta ci sembra forse è meglio che prende 6, perché il buonismo non educa.”
- “Pensiamo che la punizione sia quasi un automatismo, ma il buonismo ci ha fatto dimenticare l’importanza di insegnare le conseguenze.”
- “L’autoritarismo non ha senso senza autorevolezza, ma criticando solo l’autoritarismo, il bonismo ci ha fatto dimenticare di essere autorevoli.”
- “Quel buonismo che evita di dire ‘no’ a qualcosa di sbagliato pur di non far male ai sentimenti.”
- “Il buonismo ti fa evitare i ‘scivoloni’, le punizioni e le frustrazioni, ma non prepara alla vita reale.”
- “Il buonismo premia tutti allo stesso modo, senza far capire il valore della responsabilità e dell’esperienza personale.”
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