Paolo Crepet non è solo uno psichiatra: è un pensatore, un provocatore gentile, uno che sa accendere cervelli addormentati con una frase tagliente e un sorriso sornione. Lo vedi in TV o lo leggi nei suoi libri e capisci subito che non ama le mezze misure: o lo ami, o ti mette in crisi. Eppure, proprio in quella crisi – che è poi un piccolo terremoto dell’anima – nasce la sua lezione più grande: la follia non è una malattia, è un atto di libertà.

Polo Crepet: il ribelle della psichiatria
Paolo Crepet ha una carriera lunga e piena di incontri con la mente umana in tutte le sue sfumature. Ma più che un dottore col camice bianco, sembra un artista del pensiero. Nei suoi libri e nei suoi interventi pubblici – da I figli non crescono più a Impara a essere felice – Crepet mescola psicologia, filosofia e una buona dose di ironia.
È l’uomo che osa dire quello che molti pensano ma non confessano: che la normalità è un’invenzione sociale, comoda ma pericolosa, e che cercare di rientrarci a tutti i costi può farci ammalare più di qualsiasi diagnosi psichiatrica.
Che cos’è la follia per Paolo Crepet
Per lui, “follia vuol dire essere a modo proprio”. E già qui, se ci pensi, c’è un piccolo manifesto di libertà. La follia, secondo Crepet, non è quella dei manicomi, ma quella che ci permette di dire “no” quando tutti dicono “sì”, di sognare quando gli altri sbuffano, di guardare la luna invece del cellulare. Scrive:
“Si diceva che i pazzi parlassero con la luna… beh, ce ne fossero, ce ne fosse di gente che esce e guarda la luna, le stelle e comincia a pensare che domani è un altro giorno e lo vuol far migliore.”
È la follia che ci rende vivi, curiosi, autentici. È quella scintilla che fa di una giornata grigia un’opera d’arte, o almeno una buona risata.
“La normalità è pericolosissima…”: la provocazione che cura
Quando Crepet dice:
“La normalità è pericolosissima… la terapia è quella che diceva Alda Merini: un bell’applauso alla nostra follia”
non sta facendo solo una battuta brillante. Sta denunciando una società che anestetizza le emozioni, che vuole tutti uguali, pacificati, prevedibili. Ma la vita – ci ricorda Crepet – non è un foglio Excel. È caos, desiderio, curiosità, imperfezione.
E se non impariamo ad accettare (e magari anche ad amare) la nostra parte folle, finiamo col diventare tristi automi in giacca e cravatta.
Alda Merini, che Crepet cita con affetto e ammirazione, lo sapeva bene: lei che nella follia ci è entrata e ci ha danzato dentro, sapeva che applaudire la propria diversità è il primo passo per guarire davvero.
Come rispondere a chi ci dice che non siamo normali
Ecco dove la lezione di Crepet diventa utile, anzi, necessaria. Quando qualcuno ti guarda storto perché non ti uniformi, perché ridi troppo, sogni troppo, o semplicemente pensi con la tua testa, ricordati questa frase: “Un bell’applauso alla nostra follia.”
È la risposta migliore a chi ti accusa di non essere “come gli altri”.
Perché, come direbbe Crepet, se la normalità significa spegnere la propria luce per non dare fastidio, allora sì, meglio essere un po’ matti ma felici.
In fondo, un pizzico di follia è una forma di igiene mentale
Paolo Crepet ci invita a cambiare prospettiva: la follia non va curata, va coltivata. È quella voce interiore che ci salva dal diventare noiosi, conformisti, tristi. Essere “a modo proprio” – come lui dice – non è un difetto, è un atto di coraggio. E forse, se ci fosse più gente disposta a parlare con la luna e un po’ meno con l’algoritmo, il mondo sarebbe un posto più umano.
Morale della storia: chi ti dice che non sei normale, ringrazialo. Ti ha appena fatto il complimento più bello del mondo
Frasi di Crepet sulla follia
- “Follia vuol dire essere a modo proprio.”
 - “Si diceva che i pazzi parlassero con la luna… beh, ce ne fossero, ce ne fosse di gente che esce e guarda la luna, le stelle e comincia a pensare che domani è un altro giorno e lo vuol far migliore, perché domani è un giorno di meno nella nostra vita.”
 - “La normalità è pericolosissima… la terapia è quella che diceva Alda Merini: un bell’applauso alla nostra follia.”
 
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