Fëdor Dostoevskij non è esattamente il tipo da “pensiero positivo”. Nei suoi romanzi c’è di tutto: colpa, delirio, miseria, omicidi, crisi esistenziali che ti fanno guardare il soffitto alle tre di notte. Eppure, in mezzo a questo catalogo dell’anima umana, Dostoevskij lascia cadere una frase luminosa, quasi disarmante per quanto è semplice e umana:
“Non c’è nulla di più alto, forte e salutare per la vita futura di qualche buon ricordo, soprattutto un ricordo d’infanzia, della propria casa.”
Detta da lui, suona quasi come una carezza dopo uno schiaffo. Ed è proprio per questo che vale la pena fermarsi, ascoltarla davvero e chiederci: perché per Dostoevskij i ricordi contano così tanto? E perché questa frase oggi parla anche a noi, genitori, adulti imperfetti e fabbricatori seriali di ricordi per i nostri bambini?

Dostoevskij: un uomo che di ricordi dolorosi ne aveva fin troppi
Prima di essere un “mostro sacro” della letteratura, Dostoevskij è stato un uomo che ha conosciuto il fondo. Un’infanzia segnata da un padre autoritario, la povertà, l’arresto, la condanna a morte revocata all’ultimo davanti al plotone d’esecuzione, la deportazione in Siberia, l’epilessia, il gioco d’azzardo. Insomma, se oggi scrivesse un’autobiografia la sezione “traumi” avrebbe bisogno di un indice.
Eppure, proprio lui sostiene che un solo buon ricordo può salvare una persona. Non dieci, non una vita perfetta. Ne basta uno. Ne I fratelli Karamazov insiste su questo punto con una convinzione che non è teorica, ma vissuta:
“Se un uomo porta con sé molti di questi ricordi nella vita, è al sicuro fino alla fine dei suoi giorni, e se ne resta anche solo uno, quel ricordo può qualche volta salvarci.”
Qui Dostoevskij non sta facendo poesia: sta parlando di sopravvivenza emotiva.
I ricordi, per Dostoevskij, non sono nostalgia: sono fondamenta
Per Dostoevskij i ricordi non servono a rimpiangere il passato o a dire “ai miei tempi sì che…”. Non sono zucchero filato emotivo. Sono fondamenta interiori. Sono quei piccoli punti fermi che, quando tutto crolla, ti ricordano che non sei nato solo per soffrire.
E attenzione: non parla di ricordi eccezionali. Non serve l’infanzia perfetta, la casa con il giardino e il cane buono. Basta un momento in cui un bambino si è sentito al sicuro, visto, amato. Un ricordo che, anche anni dopo, può riemergere “come un bagliore di luce contro l’oscurità”, per usare le sue parole.
Ne parla anche in Memorie dal sottosuolo, ma con il suo tipico tono tagliente. Lì ci ricorda che i ricordi non sono tutti condivisibili:
“Nei ricordi di ogni uomo ci sono cose che non rivelerà a tutti, forse solo agli amici… e infine ci sono cose che un uomo teme di rivelare persino a se stesso.”
Perché i ricordi sono potenti. Possono consolare, ma anche smascherare.
Perché insiste sui ricordi d’infanzia e sulla casa
Quando Dostoevskij parla di ricordi d’infanzia e della propria casa, non intende solo un luogo fisico. La casa, per lui, è il primo posto in cui impariamo chi siamo. È il laboratorio emotivo dell’essere umano.
Un bambino non ha strumenti razionali per interpretare il mondo. Ha sensazioni. Odori. Toni di voce. Abbracci (o la loro assenza). Se in quel periodo si accumulano almeno alcuni ricordi buoni, quei ricordi diventano una specie di anticorpo emotivo. Non impediscono il dolore, ma aiutano a non soccombere. E qui Dostoevskij è spietatamente onesto: la vita farà male comunque. Ma un’infanzia con qualche ricordo felice rende il dolore meno distruttivo.
Perché questa frase è utilissima per noi genitori
La frase di Dostoevskij non è un invito alla genitorialità perfetta. Anzi, è quasi una liberazione. Non dice: “Siate genitori impeccabili”. Dice: create buoni ricordi. Questo significa che non servono grandi gesti. Servono momenti autentici. Una risata. Una routine rassicurante. La sensazione, per un bambino, che casa sia un posto dove tornare senza paura.
Un giorno, quando quel bambino sarà adulto e magari starà attraversando un periodo nero, non penserà a quanto fosse ordinata la cameretta. Ma potrebbe ricordare una sera sul divano, una voce che lo chiamava per nome, una sensazione di sicurezza difficile da spiegare, ma impossibile da dimenticare. Ed è lì che Dostoevskij ci guarda dritto negli occhi e sembra dirci: state costruendo qualcosa che durerà più di voi.
Dostoevskij, in fondo, ci dà un consiglio semplice e potentissimo
In mezzo a tutta la sua complessità, Dostoevskij ci lascia un messaggio sorprendentemente concreto: prendete sul serio i ricordi. I vostri e quelli dei vostri figli. Perché non sono dettagli. Sono riserve emotive. Piccole scorte di luce per tempi bui. E se lo dice uno che ha passato la vita a esplorare il lato più oscuro dell’animo umano, forse vale davvero la pena ascoltarlo.
Frasi di Dostoevskij sui ricordi
- “Devi sapere che non c’è nulla di più alto, forte e salutare per la vita futura di qualche buon ricordo, soprattutto un ricordo d’infanzia, della propria casa.”
- “Se un uomo porta con sé molti di questi ricordi nella vita, è al sicuro fino alla fine dei suoi giorni, e se ne resta anche solo uno, quel ricordo può qualche volta salvarci.”
- “Tali ricordi possono essere ricordati anche da un’età precedente, ma emergono nella vita solo come piccoli bagliori di luce contro l’oscurità.”
- “Ogni uomo ha dei ricordi che racconterebbe solo agli amici… ha anche cose nella mente che non rivelerebbe neanche agli amici… e ogni uomo perbene ha un certo numero di cose del genere accantonate nella mente.”
- “E ricordi che anche allora i sogni erano tristi e di nuovo ti chiedi: cosa hai fatto dei tuoi anni? Dove hai sepolto il tuo tempo migliore?”
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