Frasi di Emily Dickinson sulla tristezza, ti aiuteranno a capire che se non sorridi mai muori due volte, e pure male

C’è chi piange per amore, chi per un film triste e chi – come Emily Dickinson – sembrava aver stipulato un contratto a tempo indeterminato con la malinconia. Ma guai a pensare che la poetessa americana fosse una donna cupa e grigia. Il 15 maggio del 1886 Emily se ne andava in silenzio, com’era vissuta, lasciandoci in eredità poesie che trattano la tristezza con una delicatezza tale da farci venire voglia di abbracciarla. O almeno offrirle un bicchiere di vino. Oggi, nel giorno del suo anniversario di morte, scopriamo cosa pensava davvero della tristezza, perché secondo lei chi è triste muore due volte e cosa c’entra tutto questo con un vestito bianco e una stanza chiusa a chiave.

Frasi di Emily Dickinson sulla tristezza
Foto di Kristina Tripkovic su Unsplash

La tristezza secondo Emily: un mostro elegante

Per Emily Dickinson, la tristezza non era solo un’emozione passeggera. Era una specie di coinquilina silenziosa, un’ospite fissa nella sua mente. Ma attenzione: non la vedeva solo come dolore. Per lei la tristezza era quasi una forma di conoscenza profonda, qualcosa che ti scava dentro e, allo stesso tempo, ti rende più lucido.

In una delle sue poesie più celebri scriveva:

Misuro ogni dolore che incontro con occhi stretti e indagatori

Emily analizzava il dolore come un chirurgo dell’anima: lo osservava, lo smontava e ci scriveva sopra versi che facevano venire i brividi, ma senza mai indulgere nel melodramma. Anzi, ci metteva pure un pizzico di ironia. Per lei la tristezza era un’esperienza tanto universale quanto personale. Un po’ come la febbre: ognuno la sente a modo suo, ma tutti la capiscono.

“Chi è triste muore due volte”

Uno dei pensieri più taglienti e affascinanti della Dickinson riguarda proprio la morte e la tristezza. Secondo lei, chi è triste muore due volte: la prima dentro, la seconda fuori.

Tradotto in termini meno poetici: vivere in una tristezza continua equivale a una specie di “anticipo di trapasso”. Ti senti spento, tagliato fuori dal mondo, come se stessi facendo le prove generali per la tua fine. E quando poi arriva la morte vera, sei già così allenato che quasi non ti stupisce più. Un po’ dark? Sì. Ma anche straordinariamente lucido.

Il lutto come allenamento poetico

Va detto che Emily non era una da party con palloncini e coriandoli. Vestiva sempre di bianco, ma non perché fosse felice come una sposa, anzi. Il bianco era per lei il colore della rinuncia, della distanza, del vuoto. E si era volontariamente reclusa nella sua casa di Amherst, in Massachusetts, vivendo gli ultimi quindici anni quasi completamente isolata.

Ma proprio in quella solitudine è nata la parte più intensa e vera della sua poesia. Come se, chiudendo la porta al mondo, avesse aperto un portale dentro di sé. Un portale che spesso era pieno di dolore, ma anche di bellezza. Come quella volta che scrisse:

Separarsi è tutto ciò che conosciamo del paradiso, e tutto ciò che ci serve sapere dell’inferno.”

E tu che ti lamenti perché il tuo ex non ti ha ancora restituito il maglione…

Triste sì, ma con humour

Nonostante l’immagine da donna tragica, Emily sapeva essere sorprendentemente ironica. Nei suoi scritti e nelle lettere trapela un senso dell’umorismo secco, tagliente, quasi british. In una lettera a un amico scrisse:

Le persone devono essere molto gentili con me, altrimenti morirò.”

E subito dopo:

Naturalmente, morirò lo stesso.”

Capito? Una battuta sulla morte infilata con la grazia di chi ci convive da sempre. Era una maestra dell’autoironia in formato poetico, e il suo modo di vivere la tristezza – con profondità, ma anche con leggerezza – è ciò che la rende ancora così amata.

Emily Dickinson oggi: un’icona goth ante litteram

Se Emily Dickinson fosse vissuta oggi, probabilmente avrebbe un profilo Instagram in bianco e nero, un gatto nero e una collezione di tazze con frasi malinconiche. Ma sarebbe anche quella che, in mezzo a una crisi esistenziale, riesce a farti ridere con una battuta sottile.

La sua tristezza non era scenica né esibita. Era vera. Eppure, la sua poesia ci ricorda che anche il dolore più intimo può diventare arte, può diventare parola, può diventare consolazione per chi legge.

18 frasi di Emily Dickinson sulla tristezza

  1. Il dolore ha un elemento di vuoto
  2. L’addio è quell’istituto in cui l’afflizione insegna
  3. Per misurare ogni dolore penso che il tempo occorra
  4. Perduta per due volte la vita è doppiamente morta
  5. Il dolore è un abisso tra l’esperienza e la verità
  6. Il dolore più intenso da esprimere è il dolore senza una voce
  7. Dopo grande dolore, un sentimento formale arriva
  8. Non si poteva insegnare al dolore, com’egli mi ha insegnato
  9. La disperazione non ha ali, non ha orizzonte
  10. Il dispiacere non ferisce come la felicità
  11. C’è una certa inclinazione della luce nelle giornate invernali
  12. Questa è la mia lettera al mondo che mai non mi scrisse
  13. Il dolore si logora per gradi
  14. La morte è un dialogo tra lo spirito e la polvere
  15. Chi non ha mai trovato il cielo quaggiù, lo mancherà lassù
  16. Sono nessuno! Tu chi sei? Sei nessuno anche tu?
  17. Sentivo un funerale nella mia mente
  18. Soffrire annebbia l’occhio che vede

Leggi altre frasi celebri di Emily Dickinson e le frasi celebri sulla tristezza