Franz Kafka non era uno scrittore a tempo pieno. Di giorno era un impiegato assicurativo a Praga, scrupoloso e silenzioso, di quelli che non fanno mai casino alla macchinetta del caffè. Di notte, invece, diventava il re della paranoia letteraria. Scriveva in preda all’insonnia, ai dubbi e all’angoscia, parole che in casa Kafka avevano più spazio del comodino. Era un tipo schivo, fragile, ipersensibile, con un rapporto complicato con il padre. Ma era anche incredibilmente lucido nel leggere la realtà, al punto che ancora oggi lo citiamo per descrivere le situazioni più assurde e grottesche. Hai presente quando tutto sembra andare storto e non capisci perché? Kafka lo aveva già raccontato. E l’aveva chiamato “vita”.

“L’angoscia è una forma di conoscenza”
Kafka non è uno di quelli che ti consola con un “vedrai che passa”. Anzi. Secondo lui, l’angoscia è un modo per sentire il mondo, non un errore di sistema. È come se ci dicesse: “Stai male? Bene. Significa che sei vivo. E sveglio.”
In questa frase:
“L’angoscia è una forma di conoscenza. Un modo per sentire il mondo”
Kafka ci invita a non scappare dalla sensazione che ci stringe lo stomaco, ma ad ascoltarla. Per lui, l’angoscia era una specie di radar interiore che segnalava la distanza tra quello che sei e quello che il mondo ti chiede di essere. Un segnale d’allarme, sì, ma anche un’occasione per capirci qualcosa. Insomma, non è che ci fa stare meglio, ma almeno ci fa stare a fuoco.
Cosa dovremmo fare con tutta quest’angoscia?
Kafka non dà consigli da manuale di self-help. Non ti dice di fare yoga o di prendere aria. Ti dice, invece, di stare dentro l’angoscia, ascoltarla, capirla, farci amicizia. Secondo lui, è proprio lì che abita una certa verità. Non sarà comoda, non sarà piacevole, ma è autentica.
In un mondo dove tutti vogliono sentirsi meglio, Kafka ci suggerisce di sentire di più. E se ciò che senti è ansia, smarrimento o oppressione… beh, vuol dire che sei sulla buona strada per conoscere qualcosa in più su te stesso.
Kafka non è (solo) triste, è necessario
Certo, leggere Kafka non ti mette di buon umore. Ma se accetti il viaggio, scopri che non sei l’unico a sentirti così fuori posto. Lui c’è passato prima di te, e ha lasciato delle mappe che ancora oggi ci aiutano a orientarci nel caos.
Kafka non ci salva dall’angoscia. Ma ci insegna che, forse, non va combattuta. Va capita. E magari, nel frattempo, ci possiamo anche fare due risate amare.
Perché, come scrisse lui stesso: “Nel combattere il mondo, l’angoscia è la tua spada invisibile.”
Frasi di Franz Kafka sull’angoscia
- “L’angoscia è la vertigine della libertà.”
- “L’angoscia è l’impossibilità di uscire da se stessi.”
- “L’angoscia è il prezzo che paghiamo per essere coscienti.”
- “Ogni cosa che ci viene detta, anche la più insignificante, si trasforma in noi in angoscia.”
- “La mia angoscia è la mia essenza, ed è anche la mia possibilità.”
- “La sofferenza è il positivo nella nostra vita: non c’è nessun altro bene.”
- “La mia vita consiste, e in ciò consiste il mio martirio, nel cercare di rendermi trasparente alla mia stessa angoscia.”
- “La mia esistenza è stata fin dall’inizio una lotta contro l’angoscia.”
- “Scrivere è un modo per scavare nella mia angoscia e cercarvi un senso.”
- “Nella mia angoscia c’è qualcosa di sacro.”
- “L’angoscia è una forma di conoscenza. Un modo per sentire il mondo.”
- “Non è necessario uscire di casa. Resta seduto e ascolta. Non ascoltare neppure, aspetta soltanto. Non aspettare neppure, resta completamente silenzioso e solo. Il mondo ti si offrirà da sé per essere smascherato. Non ha scelta, si rotolerà estatico ai tuoi piedi.”
- “Il mio terrore non è la morte, ma l’essere costretto a vivere senza comprendere.”
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