Frasi di Gabriella Tupini sul perdono, capirai che non sei obbligato a perdonare quella persona che ti ha fatto del male

Diciamoci la verità: chi non si è mai sentito dire “perdona, è la cosa giusta da fare”? Magari con quella vocina dolce, tipo zia che ti riempie il piatto anche se sei sazio. Ma Gabriella Tupini, con una penna affilata e una mente brillante, ci mette davanti a una verità scomoda: il perdono non è un atto di bontà, è un atto di consapevolezza. E certe volte, non ha proprio senso. Niente prediche, niente santini: solo riflessioni oneste, ironiche e tremendamente necessarie.

Frasi di Gabriella Tupini sul perdono

Il perdono non è un dovere: è una faccenda privata, e pure delicata

Secondo Gabriella Tupini, una delle più grandi trappole in cui cadiamo è credere che perdonare sia obbligatorio. Ce lo insegnano a catechismo, a scuola, persino nei film Disney. Ma lei, senza tanti giri di parole, ci dice: “Il perdono gratuito è sospetto”. Perché? Perché spesso lo facciamo per sentirci a posto, per fare i bravi bambini, o peggio ancora, per paura del giudizio altrui.

Il problema è che quando il perdono diventa un dovere morale, smette di essere un atto autentico. Non nasce dal cuore, ma da una pressione sociale (o religiosa). E allora ci perdoniamo, sì, ma per convenzione. Come dire: “Lo faccio perché si deve fare”. E qui la Tupini ci lancia un avvertimento tagliente: non si tratta di bontà, ma di automatismo. E gli automatismi non guariscono l’anima.

Per riconciliarsi servono in due: altrimenti stai parlando con il muro

Un altro concetto chiave del pensiero della Tupini è che perdono e riconciliazione non sono la stessa cosa. Riconciliarsi con qualcuno – chiarirsi, riabbracciarsi, tornare amici – è un processo che ha bisogno di due persone consapevoli, pronte ad ascoltarsi e ad assumersi la responsabilità. Se invece solo uno dei due ci prova, quello non è perdono, è monologo. E i monologhi, diciamocelo, sono ottimi a teatro… ma pessimi nella vita vera.

Tupini smaschera anche il “finto perdono”, quello che arriva troppo in fretta, magari per evitare conflitti. Quello che ti fa dire: “Ok, ti perdono”, mentre dentro stai ancora urlando. È come chiudere un libro senza averlo letto: bella la copertina, ma il contenuto ti tormenta ancora.

Essere compassionevoli non significa annientarsi

Gabriella Tupini ci propone una metafora irresistibile: immaginate una tigre affamata che sta per saltarvi addosso. E voi, per compassione, vi fate mangiare. Ecco, questo non è amore, non è perdono, è annientamento.

Il suo messaggio è chiaro: la compassione ha senso solo se non ci porta a distruggerci per l’altro. A volte vogliamo così tanto essere empatici, comprensivi, evoluti… che finiamo per diventare carne da macello emotiva. Tupini ci dice invece che possiamo compatire – cioè soffrire con – ma senza perdere il nostro centro. Se per salvare l’altro perdi te stesso, chi resta in piedi alla fine? Nessuno.

Il cervello condizionato: quando la morale ci fotte (con classe)

Uno dei passaggi più illuminanti del pensiero di Tupini è quando spiega quanto siamo profondamente condizionati. Non pensiamo da soli, spesso. Pensiamo come ci hanno insegnato a pensare. E così finiamo per ripetere formule come: “devo perdonare”, “è giusto così”, “non devo portare rancore”… ma senza mai chiederci se ci crediamo davvero.

Tupini ci invita a smascherare questo condizionamento. A porci la domanda più scomoda di tutte: “Questa idea è mia, o me l’hanno messa in testa?” E attenzione: non lo dice per negare il valore del perdono, ma per restituirgli autenticità. Se continuo a dire “ti perdono” solo perché ho paura di sembrare cattivo, sto solo fingendo di essere buono. E alla lunga, questa finzione diventa tossica.

Il perdono non è un interruttore: ci vuole tempo, ci vuole stomaco

C’è chi dice: “Perdona e volta pagina.” Tupini, invece, ti guarda e ti risponde: “Aspetta un attimo. Hai letto la pagina?” Perché se la giri troppo in fretta, rischi di non aver capito nulla. E anzi, la storia si ripete.

Secondo lei, il perdono arriva dopo un percorso. Dopo che hai sofferto, elaborato, compreso. È un processo, non un comando vocale. E può durare giorni, mesi, anni, oppure non arrivare mai. E va bene così. Il punto d’arrivo, se proprio deve esserci, è quando puoi dire “non me ne importa più niente”. Non per indifferenza, ma perché il peso si è sciolto. E non per bontà, ma per libertà.

Non tutto si perdona: certe cose meritano solo giustizia

Gabriella Tupini ci mette anche di fronte a una realtà che molti non vogliono ammettere: non tutto è perdonabile. Certe ferite – abusi, violenze, traumi profondi – non possono essere lavate via con una frase a effetto o una pacca sulla spalla. E chi chiede di farlo, spesso lo fa per alleggerirsi la coscienza. Ma a che prezzo?

Tupini non fa sconti: perdonare in questi casi può essere persino offensivo, per chi ha subito un torto grave. La vera parola chiave non è “perdono”, ma “giustizia”. Perché certi mali non devono essere dimenticati, devono essere riconosciuti, affrontati, giudicati. E il tentativo di farli sparire sotto il tappeto spirituale è solo un’altra forma di ingiustizia.

Essere buoni non basta: serve consapevolezza

L’ultima, grande lezione di Gabriella Tupini è un invito alla consapevolezza. Basta con la bontà finta, basta con il perdono imposto, basta con l’essere “bravi” a ogni costo. Perdonare ha senso solo quando sei lucido, adulto, radicato nella tua verità. Quando hai il coraggio di vedere l’ombra, tua e dell’altro.

E no, non è egoismo: è amore per sé. La consapevolezza non cancella la compassione, la rende più vera. Perché non è cieca, non è pavida. È un atto d’amore maturo: per me, per te, per la verità dei fatti.

Insomma, Gabriella Tupini non ci coccola con frasi da calendario, ma ci scuote. Il suo pensiero sul perdono è onesto, radicale, coraggioso. E proprio per questo, profondamente liberatorio. Ci insegna a non svenderci per sembrare buoni, a non sacrificare la verità per apparire evoluti. E soprattutto, a riconoscere che la prima persona da rispettare, in ogni scelta, siamo noi stessi. Anche – e soprattutto – quando scegliamo di non perdonare.

Frasi di Gabriella Tupini sul perdono

  1. Il perdono gratuito è qualcosa di molto sospetto.”
  2. Per riconciliarsi con una persona bisogna essere in due.”
  3. Il perdono non è un dovere.”
  4. Non ho alcun obbligo di perdono.”
  5. Io non devo perdonare un altro perché mi ha fatto del male.”
  6. Perdonare vuol dire che gli volete bene: siete masochisti.”
  7. Il perdono implica la fine del giudizio.”
  8. Perdonare qualcuno significa riconoscere che potremmo essere al suo posto.”
  9. “Il perdono deve nascere da un percorso interiore.”
  10. Il perdono immediato è sospetto: c’è dietro il desiderio di essere buoni.”
  11. Dopo lunga sofferenza, una persona può dire: ‘non me ne importa più niente’.”
  12. Il perdono richiede consapevolezza del confine sottile fra bene e male.”
  13. Se hai compiuto un male grave, non puoi ignorarlo gridando ‘ti perdono’.
  14. Non ci sentiamo così buoni da perdonare senza consapevolezza.”
  15. Il perdono deve essere misurato: non è per tutto e per tutti.”

Leggi altre frasi celebri di Gabriella Tupini e le frasi celebri sul perdono