Gabriella Tupini è una di quelle persone che, quando parla, non puoi fare finta di niente. Scrittrice, terapeuta, divulgatrice della psiche umana (e delle sue ombre), è conosciuta per la sua capacità di smontare con parole semplici e taglienti i miti più resistenti della famiglia italiana. La sua arma? L’onestà. Quella vera, quella che non ti accarezza il dolore, ma te lo mostra allo specchio. E una delle sue verità più scomode riguarda proprio il rifiuto dei figli verso i genitori, un tema che lei tratta senza filtri, ma con una lucidità che lascia il segno.
Quando un figlio ti rifiuta: non è cattiveria, è un messaggio
Gabriella Tupini lo dice chiaro:
“Se un figlio vi rifiuta o vi abbandona, vi ha gridato in faccia il perché non vi vuole vedere.”
Non è una frase “poetica”. È una doccia fredda. Secondo Gabriella Tupini, il rifiuto non nasce dal nulla: è la risposta, spesso esasperata, a qualcosa che i genitori hanno fatto o non fatto. È un grido che dice: “Non mi hai visto, non mi hai ascoltato, non mi hai rispettato.” Il problema è che i genitori, di solito, non vogliono sentire. E infatti lei rincara la dose:
“Se non ve l’ha urlato in faccia, gli chiedete se c’è qualcosa che avete fatto contro di lui, se avete sbagliato in qualcosa, e lui vi risponderà. Il fatto è che voi non lo volete sapere.”
Insomma, secondo la Tupini, non sono i figli a non comunicare: sono i genitori a non voler davvero ascoltare le risposte. Perché farlo significherebbe mettere in discussione anni di convinzioni, sacrifici e, soprattutto, il proprio ruolo di “bravi genitori”
L’illusione dell’amore dovuto
Uno dei punti più pungenti del pensiero di Gabriella Tupini è quello sull’amore come dovere familiare. Lei non ci gira intorno:
“Secondo voi, i figli devono amare i genitori, esattamente come avete fatto con i vostri genitori, che non avete mai amato, ma a cui avete sempre obbedito, a cui vi siete sempre sottomessi, sperando che i vostri figli avrebbero fatto lo stesso con voi.”
Tradotto: molti genitori non cercano l’amore dei figli, ma la loro obbedienza. E quando un figlio si ribella, lo interpretano come una mancanza di affetto, invece che come un atto di liberazione. Il rifiuto, per Gabriella Tupini, è spesso il modo che un figlio trova per smettere di essere sottomesso a una relazione che non sente autentica.
Capire il rifiuto per smettere di subirlo
Le parole di Gabriella Tupini, per quanto dure, possono essere un’occasione preziosa. Se un figlio ci rifiuta, forse non serve chiedersi “Perché mi fa questo?”, ma “Cosa gli ho fatto io?”. Non è colpevolizzazione, è consapevolezza. Perché nel momento in cui smettiamo di sentirci vittime del loro rifiuto, possiamo ascoltare davvero il messaggio nascosto: un bisogno di rispetto, autonomia, verità.
Il consiglio implicito di Gabriella Tupini è spietatamente semplice:
- smettila di giustificarti;
- smettila di pretendere amore;
- chiedi scusa se hai sbagliato, e poi ascolta.
Solo così il figlio smetterà di essere “oppositivo”, perché non dovrà più difendersi da un genitore che nega le proprie responsabilità.
Una lezione scomoda, ma liberatoria
Gabriella Tupini non promette riconciliazioni facili. Ma ci invita a un passo fondamentale: guardare il dolore in faccia, senza filtri e senza finzioni.
Il rifiuto di un figlio non è una maledizione: è una possibilità. Una possibilità di cambiare il modo in cui ci relazioniamo, di diventare genitori autentici, non solo biologici.
E forse, alla fine, capiremo che non serve essere amati “per dovere”: serve essere visti, ascoltati, compresi. Perché – come direbbe proprio la Tupini – “l’amore che nasce dal rispetto non ha bisogno di essere obbedito.”
Frasi di Gabriella Tupini sul rifiuto
- “Se non ve l’ha urlato in faccia, gli chiedete se c’è qualcosa che avete fatto contro di lui, se avete sbagliato in qualcosa, e lui vi risponderà. Il fatto è che voi non lo volete sapere.”
- “Secondo voi, i figli devono amare i genitori, esattamente come avete fatto con i vostri genitori, che non avete mai amato, ma a cui avete sempre obbedito, a cui vi siete sempre sottomessi, sperando che i vostri figli avrebbero fatto lo stesso con voi.”
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