Gianrico Carofiglio è uno di quegli autori che riescono a unire eleganza narrativa, ironia chirurgica e un talento quasi zen nel raccontare il tempo che passa. Ex magistrato, mente acuta, penna affilata, Carofiglio sa osservare le emozioni come fossero prove in un processo: le interroga, le smonta, le analizza. E tra tutte le emozioni che attraversano i suoi romanzi – dalla malinconia al rimorso, dalla tenerezza all’ambiguità morale – ce n’è una che ritorna spesso: la nostalgia. Ma non la versione romantica da cartolina. Quella vera, che graffia.

Chi è Gianrico Carofiglio
Gianrico Carofiglio è un osservatore. Uno che ha passato anni a studiare comportamenti, parole, mezze verità e tutto ciò che si nasconde sotto la superficie. E questa sua postura mentale – vigile ma mai rigida – si riflette anche nelle sue riflessioni, sulla memoria e sulla nostalgia.
Nei libri, Carofiglio non racconta la nostalgia come un sentimento da abbracciare a occhi chiusi. Non la celebra. La analizza, la disinnesca, la rende meno pericolosa. Perché per lui la nostalgia non è un peluche: è una trappola travestita da carezza.
La nostalgia secondo Carofiglio: una bussola, non una tana
Per Gianrico Carofiglio, il ricordo è uno strumento. Un modo per capire chi siamo stati e chi potremmo ancora diventare. Ma, come tutte le cose potenti, va usato con cautela. Ne parla spesso nei suoi romanzi – da Il silenzio dell’onda a La misura del tempo – dove i protagonisti vivono immersi in un dialogo continuo con ciò che è stato, con le omissioni, gli errori, i rimpianti.
La nostalgia, nelle sue pagine, non è mai sterile. È un ponte, non un divano su cui sprofondare. E soprattutto non è un interruttore per tornare indietro. Perché il passato, lo sappiamo tutti, non ha il servizio clienti.
Quella frase che ci mette davanti allo specchio
Gianrico Carofiglio lo dice chiaro in una delle sue riflessioni più citate:
“Ricordare e pensare a volte non sono attività benefiche. Non bisogna lasciarsi intrappolare dai pensieri o dai ricordi. Quando arrivano bisogna osservarli con distacco e lasciarli scivolare via. I pensieri restano con noi solo se li tratteniamo.”
Questa non è solo una frase letteraria. È una piccola istruzione per l’uso della mente umana.Cosa sta dicendo davvero?
- “Ricordare e pensare a volte non sono attività benefiche.”
Non perché siamo fragili. Ma perché il cervello ha un talento naturale per trasformare i ricordi in film migliori di quelli che abbiamo vissuto. E così, invece di ricordare la realtà, ricordiamo una versione ripulita, lucidata… e ovviamente irraggiungibile.
- “Non bisogna lasciarsi intrappolare.”
La nostalgia lavora così: ti prende per mano, ti fa vedere ciò che hai perso e poi ti chiude la porta alle spalle. Carofiglio ci avverte: dalla nostalgia non si scappa accarezzandola, ma smontandola.
- “Osservarli con distacco e lasciarli scivolare via.”
La chiave è la distanza. Non respingere i ricordi, non negarli, ma guardarli come guarderesti le nuvole: belle, affascinanti, ma non ci puoi vivere dentro.
- “I pensieri restano con noi solo se li tratteniamo.”
E qui arriva la parte più tagliente: se soffriamo per un ricordo, è perché gli stiamo facendo spazio sul divano. Siamo noi – non il ricordo – a offrirgli caffè, biscotti e pernottamento.
Perché questa frase ci può aiutare a liberarci da qualcuno (o qualcosa)
Gianrico Carofiglio, con il suo stile da maestro zen con la toga, ci suggerisce un metodo semplice e brutale: se vuoi liberarti di qualcosa che ti fa male, smetti di nutrirlo.
Smetti di rimettere in loop quella storia, quel volto, quella occasione mancata.
Non cancellarla – non si può – ma smetti di lucidarla. I ricordi non sono tatuaggi: sono post-it. Se non li continui a staccare e riattaccare, prima o poi la colla se ne va.
È un invito liberatorio. È Carofiglio che, con il suo tono pacato, ti dice: “Guarda che il passato non cambia. A cambiare puoi essere tu.” E questo, per chi ha amato qualcuno che non c’è più – o che c’è ancora, ma sarebbe bello non ci fosse – è quasi una rivoluzione.
La nostalgia non va cacciata, va ridimensionata
Il messaggio di Gianrico Carofiglio è limpido: la nostalgia è un’emozione preziosa… finché non decide di comandare. Allora sì che diventa pericolosa. Lui ci invita a praticare un piccolo esercizio mentale: lasciar scorrere, lasciare andare, osservare senza rimanere agganciati. Non per dimenticare – quello non succede – ma per non farci frenare. Perché il passato non è un posto in cui tornare, ma un punto da cui partire. E Carofiglio, con la sua voce calma, ce lo ricorda:
il ricordo è utile solo se ti aiuta a camminare, non se ti incatena.
Frasi di Gianrico Carofiglio sulla nostalgia
- “Col passare del tempo alcuni luoghi della città mi ricordano sempre più intensamente sensazioni e fantasticherie del passato remoto. Un’epoca di stupore. Ecco, certi luoghi della città mi fanno sentire nostalgia per lo stupore.”
- “Essere storditi dalla forza di qualcosa. Mi piacerebbe tanto, se capitasse di nuovo. Forse potrebbe essere proprio lo stupore – se fossimo capaci di impararlo – l’antidoto al tempo che accelera in questo modo insopportabile.”
- “Ricordare e pensare a volte non sono attività benefiche. Non bisogna lasciarsi intrappolare dai pensieri o dai ricordi. Quando arrivano bisogna osservarli con distacco e lasciarli scivolare via. I pensieri restano con noi solo se li tratteniamo.”
- “Quando sei ragazzo e ad agosto compaiono queste avvisaglie dell’autunno, ti prende una malinconia lieve e speciale. Quella formata da ricordi e nostalgia.”
- “Avevo nostalgia della mia vita precedente, anzi delle mie vite precedenti. Quelle più o meno normali. Di quando ero sposato con Sara o di quando, appunto, c’erano altre possibilità.”
- “Non è che i ricordi si dissolvano e scompaiano. Sono tutti lì, nascosti sotto la crosta sottile della coscienza. Anche quelli che credevamo perduti.”
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