Friedrich Hölderlin moriva il 7 giugno 1843, in una piccola torre a Tubinga, lontano dai clamori della gloria letteraria, ma vicino al cuore della poesia. Era considerato “pazzo” dai suoi contemporanei, ma la verità è che ci vedeva benissimo. O almeno meglio di molti altri. Tra versi altissimi e visioni poetiche, ha saputo parlare della speranza come pochi: non come zucchero a velo per coprire la torta marcia della realtà, ma come fiamma, fuoco vivo, brace dell’anima. Perché per lui vivere senza speranza era come una scintilla: bella, brillante… e subito spenta.

Hölderlin: il poeta che amava troppo (anche la vita)
Hölderlin non era il classico poeta in frac e cravatta, intento a decantare rose e tramonti. Era un uomo scosso, fragile, ma anche capace di una potenza espressiva devastante. Nato nel 1770, cresciuto tra filosofia e tormento, aveva come migliori amici Hegel e Schelling, ma si sentiva spesso fuori posto. Come dire: grande compagnia, ma pessima compatibilità emotiva.
Fu un poeta dell’assoluto, innamorato delle divinità greche, dei paesaggi fluviali e di donne impossibili. Ma soprattutto era ossessionato dall’idea di speranza. Non quella dei biscotti della fortuna, ma quella dura, necessaria, quella che ti salva quando tutto intorno crolla.
La speranza secondo Hölderlin: roba da eroi (e matti)
Hölderlin non ne parlava come una semplice emozione. Per lui, la speranza era una missione. Un dovere dell’anima. Nei suoi scritti – dai versi delle Elegie fino alle odi più celebri – la speranza è una tensione continua verso qualcosa di più alto, una ricerca mai sazia di bellezza, giustizia, amore. Non è evasione, è resistenza.
In una lettera, scrisse che “Senza speranza, l’uomo è come una scintilla che sprizza dal carbone e si spegne”. Una frase breve, ma brutale. Perché dice tutto: la vita può pure nascere da un momento di luce, ma se non c’è qualcosa che la alimenta, muore subito. Come dire: senza speranza, siamo tutti fuochi fatui con scadenza rapida.
Un poeta bruciato dalla sua stessa fiamma
Hölderlin non scriveva solo della speranza: la viveva. Ma la viveva come si vive un amore non corrisposto: fino allo sfinimento. La sua passione per la bella Susette Gontard, sposata con un banchiere (che già solo per questo era il suo opposto), fu l’esempio perfetto del suo rapporto con la speranza: doloroso, inafferrabile, eppure irresistibile. La chiamava “Diotima”, come la sacerdotessa di Platone, e le dedicò versi pieni di fede, ma anche di inevitabile tragedia.
Quando la perse, perse anche un pezzo di sé. E piano piano scivolò in un’altra dimensione, quella della follia, o forse di una lucidità troppo estrema per il mondo. Per 36 anni visse in isolamento, nella famosa torre sul Neckar, dove continuò a scrivere, a sperare e a esistere in un tempo tutto suo.
Sperare, secondo Hölderlin, non è per deboli
Ci piace pensare alla speranza come a una coperta calda. Ma per Hölderlin era un’armatura. Una tensione attiva, quasi eroica, verso ciò che non si vede ma si sente. Non si tratta di ottimismo, ma di scelta consapevole. Sperare, per lui, significava combattere contro il disincanto, sfidare il tempo, amare anche quando tutto dice che non serve.
Ecco perché la sua frase sulla scintilla non è solo poesia: è un monito. Chi rinuncia a sperare è già mezzo morto. Anzi, è “già spento”.
Un’eredità che brucia ancora
Oggi Hölderlin è letto, studiato e finalmente capito. Ma ci ha messo quasi due secoli per ottenere giustizia. Come spesso accade con i visionari. Ci ha lasciato un insegnamento profondo e attualissimo: in un mondo che spegne la luce con una bolletta, accendere la speranza è un atto rivoluzionario. E necessario.
Quindi, il 7 giugno, non limitiamoci a ricordare la sua morte. Ricordiamoci di tenere viva la scintilla. Perché, come direbbe lui, anche se il carbone sembra freddo, basta un soffio – di poesia, di amore, di fede – per farlo ardere ancora.
“Là dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva.”
Una frase che vale da epitaffio, ma anche da sveglia.
Frasi di Hölderlin sulla speranza
- “Che cosa sarebbe la vita senza speranza? Una scintilla che sprizza dal carbone e si spegne; e come nella torbida stagione si ode una folata di vento, che spira un istante e poi va morendo, così sarebbe pure di noi!“
- “Dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva.”
- “L’onda del cuore non si leverebbe spumeggiando sì bella e diventerebbe spirito, se non le si rizzasse contro l’antico muto scoglio: il destino.”
- “Noi vogliamo crescer qui in alto, vogliamo là in alto spiegare rami e fronde, e terra e clima ci portano invece ove vogliono loro, e se il fulmine cade sulla tua corona e ti spacca giù fino alle radici, povero albero! che ti riguarda?“
- “Essere uno col tutto, questa è la vita degli dei, è il cielo dell’uomo!“
- “Vi sarà una sola bellezza, e umanità e natura si fonderanno in una universale divinità.”
- “Che cosa è tutto quanto gli uomini han pensato in millenni, di fronte a un solo istante di amore? È pur la cosa più perfetta, più divinamente bella della natura! Colà guidano tutti i gradini sulla soglia della vita, di là veniamo, colà andiamo!“
- “L’amore generò il mondo, l’amicizia lo rigenererà.”
- “Come discordie di amanti sono le dissonanze del mondo. Conciliazione sta in mezzo al contrasto e tutto ciò che è stato diviso si ritrova.”
- “Essere una cosa sola con tutto ciò che vive, far ritorno, beatamente dimentichi di se stessi, nel seno universale della natura, ecco il vertice di ogni pensiero e di ogni gioia.”
- “Il supremo atto della ragione è un atto estetico.”
- “Oh, i poeti hanno ragione; nulla è sì piccola e poca cosa, di cui non ci possiamo entusiasmare.”
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