Lev Tolstoj, gigante della letteratura e filosofo tormentato, non era solo l’autore di Guerra e Pace o Anna Karenina: era anche un uomo che amava sezionare l’anima umana come un chirurgo della coscienza. Tra le tante cose di cui ha scritto, una lo affascinava e lo inquietava più di tutte: il destino. Quello stesso “destino” che noi tiriamo in ballo ogni volta che ci va male un esame, una relazione o un gratta e vinci. Ma per Tolstoj, dire “è stato il destino” era un po’ come dire “non ho colpa di niente”: una scusa da smascherare.

Lev Tolstoj, l’uomo che cercava un senso
Nato nella Russia del 1828, in una famiglia nobile e con una buona dose di inquietudine esistenziale, Lev Tolstoj ha passato la vita a interrogarsi sul senso dell’esistenza. Dopo il successo letterario, cercò Dio, la verità e la pace interiore (più o meno in quest’ordine). Dalla guerra in Crimea alle campagne di Yasnaya Polyana, Tolstoj visse tutto con la stessa intensità con cui scriveva: quella di un uomo che vuole capire perché le cose accadono.
Per lui il destino non era una forza cieca che decide chi vince e chi perde, ma una rete invisibile fatta delle nostre scelte, delle conseguenze e delle responsabilità che fingiamo di non vedere.
Siamo noi a creare il nostro destino
La sua frase più celebre sul tema:
“Qualunque sia o possa essere il nostro destino, siamo noi ad averlo creato e non ci lamentiamo di esso”
è una vera bomba di filosofia pratica. Tolstoj ci mette davanti allo specchio e ci dice, con la calma di un santo e la fermezza di un giudice: “Il destino non è un colpevole esterno, sei tu.”
Tradotto: se ti ritrovi in un lavoro che odi, in una relazione che ti logora o in una discussione senza fine, non incolpare il destino. In gran parte, ci sei arrivato da solo.
Tolstoj credeva che l’uomo, anche se immerso in una realtà complessa e spesso ingiusta, abbia sempre la possibilità di scegliere come reagire. Il destino, per lui, non è scritto da un dio capriccioso o da un oroscopo, ma dal modo in cui affrontiamo ciò che ci accade.
Quando il destino diventa una scusa comoda
Quante volte, dopo una delusione, abbiamo sentito qualcuno dire: “Eh, era destino…”? Tolstoj probabilmente avrebbe alzato un sopracciglio e risposto: “No, è stata una pessima decisione.” Secondo lui, invocare il destino per giustificare errori o cattiverie è come dare la colpa al meteo perché ci siamo dimenticati l’ombrello. Il destino non è un alibi: è il risultato di azioni, omissioni, silenzi e scelte fatte con (o senza) coscienza.
Un consiglio utile
La frase di Lev Tolstoj può tornare utile anche nella vita di tutti i giorni, soprattutto quando qualcuno ci ferisce e poi, per alleggerirsi la coscienza, dice: “Non è colpa mia, è stato il destino.” Ecco la risposta perfetta, tolstoiana al cento per cento:
“Può darsi, ma guarda caso il destino portava proprio la tua firma.”
Tolstoj ci insegna a riprenderci la responsabilità del nostro destino. A non delegarlo al caso, alla fortuna o a un’entità astratta. È una lezione di libertà, ma anche di coraggio: perché accettare che il destino lo costruiamo noi significa anche ammettere che possiamo cambiarlo.
Il destino secondo Lev Tolstoj
Alla fine, per Tolstoj il destino non è un copione già scritto, ma una pagina bianca che riempiamo giorno per giorno. E sì, a volte scriviamo male, ma l’importante è non lasciare la penna in mano agli altri o, peggio, alla “sfortuna”. Tolstoj ci sprona a vivere con consapevolezza e a non piangerci addosso. Perché, in fondo, come direbbe lui: non è il destino che ci rovina la vita, siamo noi che gliene diamo il permesso.
Frasi di Lev Tolstoj sul destino
- “Qualunque sia o possa essere il nostro destino, siamo noi ad averlo creato e non ci lamentiamo di esso.”
- “Non esistono incidenti nel destino; l’uomo crea il proprio destino invece di incontrarlo.”
- “È il destino immutabile di tutti coloro che agiscono: quanto più alta è la loro posizione nella gerarchia umana, tanto meno saranno liberi.”
- “Il destino di un’intera generazione dipende dall’ora in cui qualche sventurato politico darà il segnale che tutti seguiranno.”
- “Ciò che è stato e ciò che sarà, e perfino ciò che è, non siamo in grado di conoscerlo; ma ciò che dobbiamo fare, non solo siamo capaci di saperlo, ma lo sappiamo sempre, e solo questo è necessario per noi.”
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