Margaret Mazzantini non scrive: scava. Sfila fili di emozioni nascoste, mette a nudo i sentimenti che spesso fingiamo di non vedere e ci obbliga, con dolcezza e crudeltà insieme, a guardarli in faccia. Tra questi, uno dei suoi preferiti è la nostalgia. Quella cosa che ci prende alla sprovvista, magari mentre stendiamo il bucato o mentre guardiamo una foto sgranata di vent’anni fa, e che lei riesce a raccontare con una precisione chirurgica e una poesia che disarma. In fondo, la Mazzantini è così: una donna che ha trasformato il dolore in arte, e un personaggio pubblico che non ha paura di parlare di tutto ciò che resta, di ciò che manca, e di come si sopravvive.

Margaret Mazzantini, tra vita vissuta e vita raccontata
Cresciuta fra culture diverse, teatro, cinema e letteratura, Margaret Mazzantini ha il dono raro di guardare nella vita con un occhio affettuoso e uno spietato. Questo equilibrio – o squilibrio, dipende dai giorni – è il segreto del suo stile. Le sue storie non sono mai semplici, mai lineari, mai “comode”. Sono vere, nel modo in cui la verità spesso punge.
Quando parla della nostalgia, lo fa come se fosse un personaggio reale, uno che ti accompagna mentre cresci, mentre ami, mentre perdi pezzi e mentre li rimetti insieme. Nei suoi romanzi la nostalgia è una presenza costante: non una condanna, ma nemmeno un balsamo. È un modo di restare ancorati a ciò che è stato, anche quando quello che è stato non ci appartiene più.
La nostalgia secondo Margaret Mazzantini: non si cura, si convive
Fra le frasi più iconiche sul tema c’è quella tratta da Venuto al mondo:
“Non si guarisce mai da ciò che ci manca, ci si adatta, ci si racconta altre verità. Si convive con se stessi, con la nostalgia della vita, come i vecchi.”
Una frase che funziona come una radiografia dell’anima. Per la Mazzantini la nostalgia non è una malattia, e proprio per questo non esiste una cura. Non la si scaccia, non la si spegne: le si fa posto, come si fa posto alle abitudini di casa vecchie e un po’ pesanti. Ci si convive, appunto.
Ma c’è un dettaglio pungente, quasi ironico: “come i vecchi”. Qui la scrittrice non sta insultando nessuno, ma ci sta mettendo in guardia. Perché la nostalgia, se ci si siede sopra troppo a lungo, ci invecchia lo sguardo, la postura, perfino i pensieri. Iniziamo a raccontarci che “era tutto meglio prima”, che “quel tempo non tornerà”, che “ormai”. E a furia di ripetercelo, zac: diventiamo vecchi davvero. Prima del tempo. Senza neppure avere l’età per vantarsene.
Quando la nostalgia diventa una trappola
La Mazzantini lo sa bene. Nei suoi personaggi – da Non ti muovere a Splendore, passando per Mare al mattino – la nostalgia appare come un sentimento che consola e punisce allo stesso tempo. È quella sensazione che ti dice: “Ricordati di chi eri”, ma poi aggiunge un sussurro velenoso: “E guarda come ti sei ridotto ora”.
Da qui il suo avvertimento implicito: la nostalgia va frequentata, ma non abitata. Va ascoltata, ma non idolatrata. Perché se la trasformiamo in un divano su cui sprofondare ogni giorno, smettiamo di vivere il presente e iniziamo a lucidare reliquie. E a quel punto sì, diventiamo “vecchi”, anche se l’anagrafe dice il contrario.
A cosa serve davvero la nostalgia secondo la Mazzantini
Per Margaret Mazzantini, la nostalgia è utile solo se la usiamo come un ponte, non come una casa. Serve a ricordarci chi eravamo, per capire meglio chi vogliamo essere. Serve a riconoscere ciò che abbiamo perso, per apprezzare ciò che abbiamo. Serve a dare un nome a quel piccolo vuoto che tutti ci portiamo dentro, senza permettergli di allargarsi fino a ingoiarci.
La sua letteratura ci insegna che la nostalgia non va repressa, ma neppure nutrita a dismisura. Va guardata, capita, rispettata, e poi lasciata lì, come una vecchia fotografia: preziosa, ma non la nostra residenza.
Non diventiamo “vecchi” gratis
Alla fine, ciò che Margaret Mazzantini ci dice è tutto sommato semplice e profondissimo: la nostalgia è inevitabile, ma non deve pilotare la nostra vita. Possiamo conviverci, sì, ma senza farci governare. Perché ogni volta che ci sediamo comodamente nella nostalgia, rinunciamo a una porzione di presente. E il presente, che piaccia o no, è l’unico posto in cui possiamo ancora fare qualcosa.
Insomma: ricordare va bene. Rimuginare è un lavoro usurante. E diventare vecchi prima del tempo… beh, quello sì che sarebbe davvero un peccato.
Frasi di Margaret Mazzantini sulla nostalgia
- “Non si guarisce mai da ciò che ci manca, ci si adatta, ci si racconta altre verità. Si convive con se stessi, con la nostalgia della vita, come i vecchi.”
- “L’amore, lo sapevo fin troppo bene, si nutre di bocconi tirati quando meno te lo aspetti, è la nostalgia sotto i denti che ti fa resistere.”
- “Ero felice, non ci si accorge mai di esserlo, e mi chiesi perché l’assimilazione di un sentimento così benevolo ci trovi sempre impreparati, sbadati, tanto che conosciamo solo la nostalgia della felicità, o la sua perenne attesa.”
- “E poco importa se il tempo non ci ha lasciato sperimentare. Da qualche parte siamo invecchiati insieme, da qualche parte continuiamo a rotolarci e a ridere.”
- “In quelle trame sottili e candide io catturavo il profumo fraterno della nostalgia, di voi, certo, ma soprattutto di me stesso, della mia latitanza.”
- “La vita è come l’acqua, scompare, affonda e poi riaffiora dove può, dove deve.”
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