Maria Rita Parsi è una di quelle figure che non puoi liquidare con due righe. Psicoterapeuta, scrittrice, insegnante, voce autorevole nel mondo dell’educazione e dei diritti dell’infanzia, è anche una donna che non ha mai avuto paura di dire la verità, soprattutto quando riguarda la nostra felicità. Parlarne al giorno d’oggi sembra quasi un atto rivoluzionario: tutti ti invitano a “pensare positivo”, ma pochi ti spiegano come si fa davvero. Lei, invece, lo fa. E lo fa bene. Con la sua capacità di scavare nell’animo umano senza mai perdere la tenerezza (né la franchezza), la Parsi ci regala una visione della felicità che non è una favoletta da cioccolatini, ma un lavoro vero, serio e quotidiano. Un mestiere dell’anima, insomma. E oggi lo raccontiamo con un tocco ironico e un pizzico di sana irriverenza, proprio come piacerebbe a lei.

Chi è Maria Rita Parsi
Maria Rita Parsi parla di emozioni come se fossero strumenti: vanno conosciuti, accordati, e ogni tanto riparati. Il suo modo di raccontare la felicità è diretto, profondo e senza fronzoli. Le sue parole funzionano perché arrivano da una donna che ha passato la vita a studiare gli altri, ascoltare, capire, e cercare di tradurre ciò che vedeva in un linguaggio che tutti potessimo capire. La sua forza sta proprio lì: essere autorevole senza mai diventare pesante, e saper dire cose enormi con una semplicità disarmante.
La felicità secondo Maria Rita Parsi: né miracolo né privilegio
Per Maria Rita Parsi la felicità non è un’invenzione da guru del benessere né un premio a punti da accumulare facendo i bravi. È un processo, un percorso, una disciplina. Lei lo dice chiaramente:
“Nella famiglia, tante volte la felicità si conquista come disciplina, la felicità è ricerca, è coltivare il giardino del cuore, dei pensieri, dei rapporti ogni giorno.”
E qui c’è già tutta la sua filosofia: la felicità non arriva come una notifica push. Devi coltivarla, annaffiarla, potarla, e ogni tanto pure togliere le erbacce, che nella vita reale spesso hanno nome e cognome. Maria Rita Parsi insiste anche sul fatto che la felicità è un fenomeno relazionale.
“Le famiglie felici si somigliano nella misura in cui… hanno strumenti e hanno sensibilità per rendere sereno, fluido, competente e amoroso l’ambiente.”
Non parla di famiglie perfette, ma di famiglie impegnate: quelle che non fanno finta di nulla e si danno una mano a vicenda. Quelle che hanno il coraggio di creare armonia, persino “con la famiglia di lui e quella di lei”. E se questo non è eroismo emotivo, non so cosa lo sia.
La frase che ci dà la scossa: un diritto, non un lusso
Arriviamo al cuore pulsante del suo pensiero:
“La felicità non è un’utopia per pochi: è un’esigenza legittima e un diritto di ogni essere umano.”
Boom. Una frase così dovrebbe stare sui muri delle scuole, sui frigoriferi, e magari anche nelle chat di famiglia, giusto per ricordarci che sì, abbiamo tutti il diritto di stare bene. Maria Rita Parsi lo dice con la fermezza di chi non vuole più vedere nessuno abbassare la testa, accontentarsi, o credere che la vita felice sia roba per gente privilegiata, ricca o particolarmente zen.
Questa frase è potente perché ribalta l’idea che essere felici sia un premio da meritarsi. No: è un diritto. E quando qualcosa è un diritto, non devi chiedere scusa per volerlo, proteggerlo, pretenderlo.
Perché ci aiuta anche a mandare al diavolo chi ci vuole tristi
Diciamolo senza giri di parole: intorno a noi ci sono persone che sembrano allergiche alla nostra felicità. Alcuni lo fanno inconsapevolmente, altri un po’ meno. C’è chi rosica, chi si lamenta, chi ci butta addosso la propria frustrazione come se fosse coriandoli bagnati. E noi, troppo spesso, sopportiamo.
E invece no. La frase di Maria Rita Parsi ci ricorda che non dobbiamo sopportare nessuno che prova a rimpicciolire la nostra gioia. Se la felicità è un diritto, allora difenderla è un dovere. E ricordarselo dà una spinta meravigliosa: quella che serve per dire, con eleganza e decisione, “sai che c’è? Io vado di là a essere contento. Tu resta pure qui a crogiolarti nella tua nuvoletta grigia.”
La Parsi non lo dice così, certo. Lei preferisce la dolcezza. Ma il senso è quello: proteggi il tuo giardino interiore, allontana chi lo calpesta. Perché, come ripete lei, “La felicità è contagiosa.” E quindi vale la pena frequentare chi ci aiuta a moltiplicarla, non chi tenta di spegnerla.
La felicità è un lavoro e un diritto
Parsi ci insegna che la felicità non è una favola, né un capriccio. È un lavoro da fare ogni giorno, e allo stesso tempo un diritto da difendere. È relazione, impegno, coraggio e – perché no – un pizzico di sacrosanta ribellione. Le sue parole ci aiutano a capire che la felicità non è roba per supereroi, ma per persone vere, con difetti veri, che però hanno deciso di voler stare bene. E allora sì, ascoltarla ci fa bene. Ci fa venire voglia di rimettere mano al nostro giardino interiore, di togliere le erbacce, e di lasciare entrare solo chi aiuta a far fiorire. Perché essere felici non è egoismo: è un atto di autodifesa. E, come dice Maria Rita Parsi, un diritto sacrosanto.
Frasi di Maria Rita Parsi sulla felicità
- “Nella famiglia, tante volte la felicità si conquista come disciplina, la felicità è ricerca, è coltivare il giardino del cuore, dei pensieri, dei rapporti ogni giorno.”
- “Le famiglie felici si somigliano nella misura in cui tutto l’ambiente delle famiglie materne e paterne della coppia e la coppia stessa, hanno strumenti e hanno sensibilità per rendere sereno, fluido, competente e amoroso l’ambiente.”
- “Una famiglia felice deriva anche dal coraggio di avere armonia con la famiglia di lui e quella di lei.”
- “La felicità è contagiosa.”
- “La felicità non è un’utopia per pochi: è un’esigenza legittima e un diritto di ogni essere umano.”
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