Oriana Fallaci non è mai stata una che mandava a dire le cose. Giornalista, scrittrice, guerriera con la penna più tagliente di una lama, ha raccontato la vita e la politica con passione, rabbia e lucidità. Nata a Firenze nel 1929, è stata una delle voci più scomode e coraggiose del Novecento. Ha intervistato capi di Stato, dittatori e rivoluzionari, spesso lasciandoli senza parole. Ma la sua vera forza era la capacità di mettere a nudo non solo gli altri, ma anche se stessa. E quando parlava di delusione, non la trattava come una banale tristezza passeggera: la vedeva come una malattia dell’anima, qualcosa che ti logora dentro e che lascia cicatrici invisibili.

La delusione secondo Oriana Fallaci: un veleno chiamato speranza tradita
“Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.”
Questa frase, tratta da Un cappello pieno di ciliege, è una delle più potenti e sincere di tutta la produzione di Oriana Fallaci. In poche righe, racchiude un mondo intero: quello delle aspettative che crollano, dei sogni che si sbriciolano, delle persone che ti guardano negli occhi e poi ti pugnalano alle spalle con un sorriso.
Per Oriana Fallaci, la delusione non nasce dal nulla. È sempre figlia della speranza. Non ti deludi se non hai creduto, non soffri se non hai amato, non ti senti tradito se non hai dato fiducia. Ecco perché la delusione è tanto dolorosa: perché arriva solo a chi ha avuto il coraggio di credere davvero.
Quando la delusione diventa una lezione
Oriana Fallaci non era una donna che si lasciava abbattere. Anche nelle sue delusioni più profonde – personali o professionali – trovava sempre una forma di energia. Scriveva, rifletteva, attaccava il mondo con più forza. La sua lezione è chiara: la delusione può distruggerti o fortificarti, dipende da come scegli di usarla.
Ci insegna che non c’è nulla di sbagliato nel provare rabbia, amarezza o rancore. Sono emozioni umane, e negarle significa solo peggiorare il veleno. Ma, una volta sputato fuori tutto, bisogna rialzarsi e ricordare che chi ti ha deluso ha perso molto più di te: ha perso la tua fiducia, e quella, come diceva Oriana, è una moneta che non si conia due volte.
Un’arma per ferire chi ci ha ferito
C’è chi la delusione la subisce e chi la usa. E Oriana Fallaci, inutile dirlo, apparteneva alla seconda categoria. Quella frase sulla delusione può diventare anche un’arma sottile, da usare non per vendicarsi, ma per far capire a chi ci ha ferito quanto valevamo. Non serve alzare la voce o scrivere messaggi infuocati: basta citare Fallaci.
Perché dire a qualcuno che “la delusione è un dolore che nasce sempre da una fiducia tradita” significa sbattergli in faccia una verità semplice ma devastante: tu mi hai deluso solo perché io ti avevo dato qualcosa di vero. E quel qualcosa, ora, non ce l’hai più.
Oriana Fallaci e la forza di chi non si arrende
In fondo, Oriana Fallaci non parlava solo di delusione, ma di resistenza. Delusione dopo delusione, ha continuato a scrivere, a denunciare, a vivere senza mai rinnegare la sua libertà di pensiero. La delusione, per lei, era una ferita da mostrare con orgoglio, perché significava che aveva creduto, che aveva amato, che aveva vissuto intensamente.
E allora, quando qualcuno ci tradisce o ci delude, possiamo prenderla a esempio: asciugarci le lacrime, aggiustarci i capelli e dire con un sorriso (magari un po’ amaro): “Sì, mi hai deluso. Ma io ci avevo creduto. E tu, invece, hai perso me.”
Frasi di Oriana Fallaci sulla delusione
- “Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.”
- “Inaridisce, la delusione. Demolisce. Sia che te la imponga un individuo o un gruppo, sia che te la infligga una speranza o un’idea, t’annienta.” — sempre attribuita a Un cappello pieno di ciliege.
- “Il niente è da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente.”
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