Osvaldo Poli è uno di quegli psicologi che non ti parlano dall’alto di una cattedra, ma ti guardano negli occhi e, con un sorriso mezzo ironico, ti fanno capire che la genitorialità non è una gara a chi si rovina di più per i propri figli. Psicologo, psicoterapeuta, autore di libri diventati punti di riferimento per molti genitori (Smettere di farsi le storie, Avere fiducia in sé e negli altri, Genitori forti), Poli ha una capacità rara: dire verità scomode con dolcezza e una punta di ironia. Il suo pensiero è chiaro, diretto, quasi liberatorio: i genitori non sono onnipotenti. E per fortuna.
Il senso di colpa secondo Osvaldo Poli
Quando Osvaldo Poli parla di “senso di colpa dei genitori”, non lo fa per giudicare. Lo fa per liberarli. Secondo lui, il senso di colpa nasce da un’illusione: quella di poter determinare completamente il destino dei propri figli. Come se esistesse un algoritmo perfetto dell’educazione: “dai affetto + stabilisci regole = figlio felice e realizzato”. Peccato che la vita non funzioni così.
In una delle sue frasi più emblematiche, Osvaldo Poli scrive:
“Che i nostri figli diventino o meno migliori, dipende parzialmente dai nostri sforzi, dai nostri insegnamenti o dalle nostre pressioni educative, perché se ci intestiamo l’esito, ricadiamo nel presupposto del senso di colpa.”
Tradotto: puoi impegnarti, amare, educare, correggere, ma non puoi decidere tutto. I tuoi figli non sono un progetto da consegnare in perfetto stato. Sono persone, con la loro libertà, i loro limiti e, soprattutto, i loro tempi.
Il segreto? Fare tutto il possibile, ma accettare l’impossibile
Osvaldo Poli lo ripete spesso:
“Noi dobbiamo fare tutto quanto è necessario per aiutare i figli a capire dove e come si devono migliorare, ma l’esito non ci appartiene.”
In pratica, un genitore deve fare la sua parte – educare, accompagnare, incoraggiare – ma poi deve anche sapere “lasciare andare”. E qui sta il difficile. Perché è molto più facile sentirsi in colpa che accettare di non avere il controllo.
Quando un figlio sbaglia, è istintivo pensare: “È colpa mia, non ho fatto abbastanza.” Ma Poli ci ricorda che, se davvero fosse così, vorrebbe dire che siamo così potenti da poter determinare ogni scelta altrui. E invece no. Ogni figlio, a un certo punto, sceglie da sé.
L’arte di non prendersi tutto sulle spalle
Il messaggio di Osvaldo Poli è un atto di realismo (e anche di tenerezza): smettiamola di sentirci onnipotenti. Non tutto ciò che va storto nei nostri figli è colpa nostra. Certo, possiamo aver sbagliato qualcosa – chi non lo fa? – ma non tutto dipende da noi. Alcune cose semplicemente “accadono”, fanno parte della vita, dell’età, del carattere.
E allora, piuttosto che passare le notti a rimuginare (“dove ho sbagliato?”), Osvaldo Poli ci invita a farci una domanda diversa: “Cosa dipende da me e cosa no?” Riconoscere la differenza è un atto di libertà. Perché, quando smetti di colpevolizzarti per tutto, inizi davvero ad aiutare i tuoi figli. Senza ansia, senza sensi di colpa, senza quel bisogno di “riparare” tutto che finisce per soffocare.
Educare non è controllare, è ispirare
Osvaldo Poli ci offre un’altra chiave preziosa:
“Aiutare i figli è creare le condizioni perché a loro venga voglia di diventare una persona migliore, e questo accade nella misura in cui ce lo permetteranno.”
In altre parole, non possiamo “costruire” i nostri figli. Possiamo solo aiutarli a desiderare di costruirsi da soli. È un invito all’umiltà, ma anche alla leggerezza. Perché il compito del genitore non è garantire il successo educativo, ma seminare con amore, anche sapendo che non tutto germoglierà subito.
Morale della favola (e del senso di colpa)
Osvaldo Poli ci ricorda che essere genitori non significa essere perfetti, ma essere presenti. E che liberarsi dal senso di colpa non vuol dire fregarsene, ma riconoscere i propri limiti e accettare che la vita dei figli non è un prolungamento della nostra.
In fondo, il vero amore non è controllare, ma permettere. E forse, se imparassimo davvero questa lezione, ci sentiremmo tutti un po’ più leggeri: genitori, ma anche esseri umani.
Frasi di Osvaldo Poli sui sensi di colpa
- “Noi dobbiamo fare tutto quanto è necessario per aiutare i figli a capire dove e come si devono migliorare, ma l’esito non ci appartiene.”
- “Che i nostri figli diventino o meno migliori, dipende parzialmente dai nostri sforzi, dai nostri insegnamenti o dalle nostre pressioni educative, perché se ci intestiamo l’esito, ricadiamo nel presupposto del senso di colpa.”
- “Aiutare i figli è creare le condizioni perché a loro venga voglia di diventare una persona migliore, e questo accade nella misura in cui ce lo permetteranno.”
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