Se hai un figlio adolescente, probabilmente hai già sperimentato quella sensazione: parli, spieghi, ti arrabbi… e dall’altra parte ottieni solo un’occhiata di disprezzo o un “boh»”. Ecco, per fortuna esiste chi da anni studia e racconta l’adolescenza senza cadere nelle solite banalità. Lui è Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, autore di libri e relatore instancabile, che ha fatto della relazione genitori-figli il cuore del suo lavoro. Poli non parla dell’adolescenza come un problema da risolvere, ma come un passaggio inevitabile in cui i genitori devono imparare un’arte difficile: aggiornarsi.
L’uomo e il personaggio
Osvaldo Poli non è un guru che pontifica dall’alto, ma uno che scende nella trincea del quotidiano. Nelle sue conferenze e nei suoi scritti non si limita a spiegare concetti astratti: li cala nella vita reale, quella delle famiglie che ogni sera devono convincere un sedicenne a fare i compiti o a tornare a casa a un’ora decente. È diretto, a volte tagliente, ma sempre con uno scopo: aprire gli occhi ai genitori. Perché – e questo lo dice senza mezzi termini – non è l’adolescente a dover cambiare, ma i genitori a dover imparare un nuovo linguaggio.
Adolescenza: il grande “aggiornamento software”
Osvaldo Poli paragona spesso il rapporto con i figli adolescenti a un programma che va aggiornato:
“Durante l’adolescenza è necessario aggiornare il dialogo con il figlio, un po’ come si fa quando si aggiorna un software.”
Non basta ripetere le stesse frasi che funzionavano quando i bambini erano piccoli, perché adesso l’interlocutore non è più lo stesso. Se prima bastava il “dialogo di condivisione” – cioè raccontarsi e ascoltarsi – adesso serve un “dialogo di persuasione”: convincere, dissuadere, proporre alternative. Con la consapevolezza, però, che spesso non funzionerà. Ma attenzione: non è un fallimento, è semplicemente la natura dell’adolescenza.
Dal dialogo di persuasione a quello di confronto
E qui arriva il punto più duro per i genitori: accettare di non poter controllare tutto. Poli lo dice chiaro:
“Quando un genitore accetta – ed è un passaggio dolorosissimo per lui – di non poterci fare niente, se non a prezzo di esasperare inutilmente il rapporto, diventa capace di un dialogo tra adulti: è il cosiddetto ‘dialogo di confronto’.”
Tradotto: smetti di voler convincere tuo figlio a tutti i costi e prova invece a capire da dove parte lui. Non per rinunciare al tuo ruolo, ma per costruire un terreno di confronto.
La frase chiave: capire, parlare e lasciare decidere
Una delle frasi più potenti di Osvaldo Poli sull’adolescenza è questa:
“Nella fase adolescenziale, il genitore deve sforzarsi di capire e pensare come fa il figlio, di parlare come lui segretamente o in alcuni casi apertamente parla, e poi fargli decidere.”
Sembra un invito alla resa, ma non lo è. In realtà è un cambio di prospettiva: non significa lasciar fare qualsiasi cosa, ma creare le condizioni perché il figlio impari a pensare, giudicare e assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Per i genitori, questo significa rinunciare alla tentazione del “ti dico io come si fa” e imparare un nuovo linguaggio, fatto di domande più che di ordini. È scomodo? Certo. Ma è anche l’unico modo per trasformare un muro di silenzi in un vero dialogo.
Perché ai genitori serve questo approccio
Il punto è che i figli adolescenti non sopportano più le prediche. Se un genitore prova a imporre, ottiene ribellione o indifferenza. Invece, entrando nel linguaggio del figlio, il genitore lo costringe – bonariamente – a fare i conti con i suoi stessi pensieri. Poli lo spiega così:
“Chiamandolo a giudicare da sé, il proprio pensiero, le proprie intenzioni, si accende la coscienza morale del figlio, e questo è il più grande regalo che noi possiamo fargli.”
Ecco, il vero segreto non è vincere le discussioni, ma insegnare al figlio a discutere con se stesso.
Sopravvivere con ironia
L’adolescenza, vista con gli occhi di Osvaldo Poli, non è la guerra dei Roses ma un laboratorio di crescita, sia per i figli che per i genitori. Certo, non sarà mai una passeggiata: ci saranno porte sbattute, “boh” infiniti e silenzi ostinati. Ma se i genitori accettano di cambiare approccio, possono trasformare lo scontro in un confronto.
In fondo, come dice Osvaldo Poli, il dialogo non deve mai interrompersi: deve solo cambiare forma. E sì, forse è più complicato che aggiornare un software… ma almeno non ti chiederà di riavviare il sistema ogni cinque minuti.
Frasi di Osvaldo Poli sull’adolescenza
- “Durante l’adolescenza è necessario aggiornare il dialogo con il figlio, un po’ come si fa quando si aggiorna un software.”
- “Con i bambini piccoli i genitori hanno un dialogo di condivisione, quando diventano adolescenti, è necessario mettere in atto un dialogo di persuasione, che prevede convincere i figli a fare la cosa giusta e dissuaderlo a fare quella sbagliata.”
- “Non sempre, nell’adolescenza, il dialogo persuasivo riesce nell’intento. Si tratta comunque di una fase transitoria, che preclude il momento in cui il giovane rivendica l’autonomia decisionale.”
- “Nell’adolescenza, il dialogo dei genitori con i figli non deve interrompersi, ma deve cambiare di natura.”
- “Quando un genitore accetta – ed è un passaggio dolorosissimo per lui – di non poterci are niente, se non a prezzo di esasperare inutilmente il rapporto, diventa capace di un dialogo tra adulti: è il cosiddetto “dialogo di confronto.”
- “Il dialogo di confronto non parte dal voler riaffermare il nostro pensiero e i nostri principi, ma richiede di cominciare dal figlio, di intercettare il suo pensiero e metterlo al chiaro, aiutarlo a pronunciare esattamente le parole che probabilmente lui non sa nemmeno di saper pronunciare.”
- “Nella fase adolescenziale, il genitore deve sforzarsi di capire e pensare come fa il figlio, di parlare come lui segretamente o in alcuni casi apertamente parla, e poi fargli decidere.”
- “Il dialogo tra genitori e figli, durante l’adolescenza, si dovrebbe configurare come un confronto in cui nessuno fa pressione per cambiare la testa all’altro, ma che nel rispetto della diversità orienta l’altro a una valutazione e lascia libero di decidere di sé.”
- “Chiamandolo a giudicare da sé, il proprio pensiero, le proprie intenzioni, si accende la coscienza morale del figlio, e questo è il più grande regalo che noi possiamo fargli.”
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