Non è passato molto tempo dall’Habemus Papam, ma già Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, ha lasciato il segno. La sua prima cena da Pontefice, condivisa con alcuni cardinali, è stata tutt’altro che una formalità: è stata l’occasione per raccontare il motivo della scelta del nome “Leone” e, soprattutto, per lanciare segnali forti su cosa aspettarsi dal suo pontificato. Il cardinale Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado, presente a quel tavolo, ha rivelato una frase che suona come un avvertimento per molti: “Finora c’era Francesco che parlava coi lupi. Adesso abbiamo un Leone, che caccerà i lupi.” Una battuta? Forse. Ma, come spesso accade in Vaticano, le battute hanno zanne affilate.
Perché “Leone”? Un omaggio (attualissimo) a Leone XIII
A tavola, tra una portata e l’altra, il neoeletto Papa ha spiegato che la sua scelta è caduta su “Leone” in omaggio a Leone XIII, pontefice dal 1878 al 1903, noto per aver dato inizio alla dottrina sociale della Chiesa.
Ma attenzione: non è solo un omaggio storico. Prevost ha dichiarato che intende riprendere quel programma e calarlo nella realtà di oggi.
Se Leone XIII affrontava i problemi della rivoluzione industriale, Leone XIV si misura con la rivoluzione digitale, che sta trasformando (e in certi casi stravolgendo) il mondo del lavoro, la giustizia sociale e la dignità umana.
Giustizia sociale e diritti: un Papa che guarda al presente
L’enciclica più celebre di Leone XIII, Rerum Novarum, difendeva il diritto dei lavoratori a condizioni dignitose, denunciava lo sfruttamento e chiedeva l’intervento dello Stato.
Leone XIV sembra voler ripartire da lì, mettendo però sul tavolo i nuovi “Rerum Novarum” del presente: l’intelligenza artificiale, l’automazione, il lavoro che scompare, le nuove povertà e le disuguaglianze crescenti.
“C’è bisogno di una nuova attenzione alle questioni sociali e di giustizia”, avrebbe detto il Papa. E il cardinale Nemet ha confermato:
“Anche oggi, come ai tempi di Leone XIII, ci sono problemi gravi legati al lavoro. La digitalizzazione riduce la necessità di mano d’opera. Serve una risposta.”
Una frase che graffia: chi sono i “lupi”?
Poi è arrivata la frase che ha acceso i riflettori e i sospetti:
“Finora c’era Francesco che parlava coi lupi. Adesso abbiamo un Leone, che caccerà i lupi.”
Parole che suonano come una rottura con il passato recente, quello di Papa Francesco, noto per la sua apertura al dialogo, anche con i più controversi.
Ma chi sono questi “lupi”? È qui che la faccenda si fa scottante.
Secondo molti osservatori vaticani, i “lupi” sarebbero le resistenze interne alla Chiesa, i poteri conservatori e silenziosi che frenano le riforme, ma anche gli scandali, le ipocrisie, i giochi di potere che logorano l’immagine del Vaticano.
In altre parole, Leone XIV potrebbe aver intenzione di mettere ordine e, se serve, di azzannare.
Dall’ironia alla missione: un Papa che promette battaglia
Il tono del cardinale Nemet era ironico, certo. Ma chi frequenta i corridoi del Vaticano sa bene che l’ironia è spesso la forma più elegante della verità.
Se Papa Francesco era il pastore che cercava di convincere i lupi a non mordere, Leone XIV potrebbe essere il custode che li mette in fuga, armato di coraggio e con un’agenda precisa: restituire alla Chiesa una voce forte sui temi sociali, tagliare i rami marci, alzare la voce contro le ingiustizie.
Un Papa che non solo parla, ma agisce. E ruggisce, se serve.
Che cominci la caccia?
Una frase detta a tavola, una cena tra cardinali e un nome che evoca forza, coraggio e tradizione.
Papa Leone XIV ha appena cominciato, ma la sua presenza già si fa sentire. Se davvero “caccia i lupi”, lo vedremo presto. Per ora, sappiamo solo che ha affilato gli artigli.
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