Beppe Severgnini è un nome che, in Italia, fa rima con intelligenza brillante e ironia tagliente. Giornalista, editorialista, viaggiatore curioso e autore di libri di successo, ha sempre avuto uno sguardo affettuosamente critico sul nostro Paese. Ma c’è un tema che affronta con una miscela esplosiva di ironia, saggezza e realismo: i giovani. Quei soggetti misteriosi, a volte insondabili, che vivono sotto il nostro stesso tetto e che – secondo lui – trattano i genitori come si fa con i mobili: non li guardano spesso, ma guai se qualcuno li sposta.
Beppe Severgnini: l’uomo che legge l’Italia e gli italiani
Nato a Crema nel 1956, Beppe Severgnini ha scritto per Il Giornale, The Economist e soprattutto per il Corriere della Sera, dove è diventato una firma amatissima. I suoi libri – da Italiani si diventa a La testa degli italiani – raccontano l’Italia con lo stile di chi osserva da vicino, ma senza perdere mai la lucidità del viaggiatore che sa prendere le distanze. E tra le cose che Severgnini ama osservare con cura (e con la penna affilata) ci sono proprio loro: gli adolescenti, i ventenni, i trentenni eternamente precari.
I giovani secondo Severgnini: alieni affettuosi (ma distratti)
Per Severgnini, i giovani sono un mistero affascinante. Li guarda con simpatia, ma senza indulgenza. Non li santifica come fanno certi intellettuali sempre pronti a dire “i giovani hanno sempre ragione”, ma non li demonizza nemmeno. Sono, per lui, un laboratorio in continuo fermento, pieni di potenzialità ma spesso disorientati da un mondo troppo veloce, troppo digitale, troppo fluido.
Li ha raccontati in vari suoi libri e articoli, come in Italiani si rimane, dove affronta il passaggio tra generazioni con l’occhio dell’osservatore ironico e disilluso, ma sempre costruttivo. E li ha seguiti da vicino anche come insegnante e relatore: è stato docente universitario, ha tenuto incontri nelle scuole, ha moderato dibattiti con ragazzi. Non si è mai tirato indietro quando c’era da confrontarsi con loro. Non ha mai alzato il sopracciglio, ha sempre preferito alzare le domande.
La teoria del mobile: genitori solidi, ma invisibili
Una delle frasi più azzeccate (e condivise) di Severgnini è:
“Durante l’adolescenza, per i ragazzi, i genitori sono come i mobili di casa: non ci si pensa sempre, ma è bene che non vengano spostati.”
Geniale, no? In un colpo solo fotografa l’adolescenza, il rapporto con i genitori e una verità profonda: i ragazzi non guardano sempre gli adulti, ma hanno bisogno che siano lì, stabili, immobili, presenti. Non invadenti, ma affidabili. Come il divano preferito: non ci si fa caso, ma se sparisse sarebbe il panico.
È una visione intelligente della genitorialità: Severgnini invita a non cercare di piacere a tutti i costi ai propri figli, ma a esserci, con coerenza. Anche se loro non ti ascoltano. Anche se ti rispondono a monosillabi. Anche se sembra che parlino solo con Alexa.
Severgnini e i giovani: dialogo sì, adulazione no
In un’epoca in cui gli adulti cercano di sembrare “cool” imitando il linguaggio dei giovani, Severgnini sceglie un’altra via: quella del rispetto reciproco e del confronto onesto. Non pretende di capire ogni slang che gira su TikTok, ma pretende che anche i ragazzi imparino a capire il valore di chi è venuto prima.
Ha spesso sottolineato che i giovani devono essere ascoltati, certo, ma anche guidati. E che non c’è nulla di male nell’avere dei limiti, dei paletti, delle regole. Anzi, è proprio lì che si costruisce la fiducia. Non con i like, ma con la coerenza.
Una lezione da non dimenticare
Beppe Severgnini non è solo un giornalista o uno scrittore. È un ponte tra generazioni, uno che non si schiera mai da una parte sola, ma che prova a vedere le cose da entrambi i lati. Per questo piace sia ai genitori che ai figli (anche se i figli magari non lo dicono, ma lo leggono di nascosto).
E la sua metafora dei mobili resta una lezione per tutti: nella tempesta dell’adolescenza, non serve essere luci stroboscopiche. Basta essere solide lampade da terra. Silenziose, ma sempre accese.
Frasi di Beppe Severgnini sui giovani
- “Ricordiamoci che i figli non sono figli nostri. Siamo solo la porta per cui entrano nel mondo.”
- “Durante l’adolescenza, per i ragazzi, i genitori sono come i mobili di casa: non ci si pensa sempre, ma è bene che non vengano spostati.”
- “Per un sedicenne è un ricordo d’infanzia. Per noi è, e resterà, l’11 settembre. I più giovani pensano che il pianeta ha conosciuto la peste, Hitler e la TV, se la caverà anche stavolta.”
- “Sbagliano, gli adulti, a sgridare – o, peggio, deridere – un ragazzo che fa quattro cose insieme (stare su Facebook, scambiarsi sms, ascoltare musica e guardare la TV. La pluriattività richiede rapidità, coordinazione, reattività e intuizione, quattro forme di intelligenza turbo.”
- “Se da giovani viaggiare è utile, da meno giovani diventa fondamentale. La curiosità è l’antiruggine del cervello.”
- “L’America non frustra i ragazzi; li incoraggia. Non li sfrutta; ci investe. Non li subissa di rampogne; ne accompagna il volo nella vita.”
- “Gli intolleranti, spesso, sono soltanto ignoranti. Essere aperti è un vantaggio; e non costringe a dimenticare le proprie origini.”
- “Un insegnante è un minatore di talento. Ha di fronte gli stessi ragazzi, giorno dopo giorno.”
- “Il talento non basta: occorre tenacia. Tra una persona talentuosa senza tenacia e un’altra tenace, ma senza talento, sarà quest’ultima a ottenere i risultati migliori.”
- “L’impegno, da solo, non basta più. Dovete individuare il vostro talento e capire come usarlo. Perché qualcun altro… capirà come usare il suo.”
- “Provare ad annoiarsi è più difficile che tentare di divertirsi… chi si annoia oggi si prepara a divertirsi domani.”
- “Solo la costanza dei comportamenti produce risultati. Le cose buone fatte saltuariamente servono poco.”
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