Frasi di Vittorino Andreoli sulla gioia, usale per dire al tuo partner che se non ti fa felice te ne vai con un altro

Vittorino Andreoli non è solo uno dei più grandi psichiatri italiani: è anche uno di quegli uomini capaci di parlare dell’animo umano senza appesantirci l’anima. Ci accompagna con la stessa naturalezza con cui si spiega un caffè al bar: poche parole, ma che restano attaccate alla mente anche quando il caffè l’abbiamo finito da un pezzo. Tra i molti temi che ha affrontato, ce n’è uno particolarmente prezioso per la nostra vita quotidiana, soprattutto per chi vive (o tenta di vivere) una relazione di coppia: la differenza tra felicità e gioia. Andreoli lo ripete spesso e senza giri di parole: “Tutti noi dovremmo passare dalla felicità alla gioia.” Ed è proprio da questa frase che inizia il nostro viaggio.

Frasi di Vittorino Andreoli sulla gioia

Vittorino Andreoli: l’uomo, il pensatore, il narratore della fragilità

Chi conosce Vittorino Andreoli sa che non è uno psichiatra da manuale, di quelli che parlano difficile per sembrare più intelligenti. Si è sempre definito uno “studioso della fragilità umana”, come se la debolezza fosse un patrimonio da proteggere e non un difetto da nascondere. Nel raccontare l’essere umano, parla di emozioni con delicatezza, ma anche con una schiettezza che non perdona.

È proprio questa schiettezza che ritroviamo quando parla della felicità. Per lui la felicità è “una sensazione piacevole, gratificante a seguito di uno stimolo che sembra che ci apporti qualcosa di nuovo”. Bello, certo. Ma dura come un gelato al sole.
Ed è qui che sbuca la sua idea rivoluzionaria: la felicità è roba effimera, un colpo di fortuna, una vibrazione momentanea. La gioia, invece, è un’altra storia.

Perché la felicità si consuma e la gioia no

Nelle sue parole, limpide come acqua di montagna, Andreoli ci avvisa:

La sensazione di felicità si consuma: finito lo stimolo, la reazione di felicità scompare.”

È quasi crudele quanto sia vero. Ci basta pensare a un regalo, a un messaggio carino, a un complimento improvviso. L’effetto è immediato, piacevole, ma poi? Passa. La gioia, invece, resiste. Resiste perché non nasce da qualcosa che riceviamo, ma da qualcosa che costruiamo insieme.

Invece noi abbiamo bisogno della gioia, che ha le caratteristiche del ‘noi’, perché per essere gioioso io devo guardare anche all’altro.”

E qui Andreoli fa un salto che pochi autori hanno il coraggio di fare: collega la gioia alla relazione, non come accessorio romantico, ma come condizione strutturale.

La gioia come atto di relazione: una rivoluzione, anche in amore

La gioia dipende anche dall’altro, si riversa sull’altro e deriva dall’altro. La felicità è invece molto egoistica.”

Eccoci al punto. Secondo Vittorino Andreoli, la gioia è sempre un movimento a due direzioni. È come una danza: se l’altro non si muove, tu puoi anche scatenarti, ma non sarà mai un ballo. Questo ha un impatto enorme nelle relazioni. La felicità la possiamo vivere da soli: basta un bel film, un vestito nuovo, una pizza particolarmente ispirata.
La gioia no. La gioia ha bisogno di qualcuno che ci guardi, ci riconosca, ci stia accanto, ci ascolti. Non un partner qualunque: un partner presente, quello che non si limita a occupare spazio sul divano, ma che si coinvolge.

Quando Andreoli ci aiuta a capire se siamo nella relazione giusta

Se, come dice Andreoli, la gioia nasce dal noi, allora una relazione in cui il noi non c’è è come una pianta senz’acqua: puoi parlarle, accarezzarle le foglie, metterle a prendere il sole… ma non fiorirà.

Ed è qui che la frase di Andreoli diventa sorprendentemente utile per la vita di coppia.
Se “la sensazione di felicità si consuma… e noi abbiamo bisogno della gioia”, allora è lecito – anzi, sano – dire al nostro partner qualcosa del tipo: “Guarda amore, io la felicità me la procuro anche da solo: basta una brioche alla crema. Ma la gioia, quella no, quella la dobbiamo creare insieme. E se tu non ci sei, o non ci metti niente, io la gioia me la cercherò dove qualcuno è disposto a condividerla.” Non è minaccia. Non è cattiveria. È fisiologia emotiva, direbbe Andreoli. Perché se la gioia dipende dal noi e quel “noi” non esiste, allora qualcosa va rivisto. A volte si ripara. A volte si accetta. A volte si cambia strada.

Scegliere la gioia è un atto di coraggio

Parlare di gioia oggi sembra quasi controcorrente. Tutto ruota intorno al “basta che sei felice”, come se dovessimo vivere in una pubblicità di colazioni perfette. Andreoli, invece, ci chiede di fare qualcosa di più difficile e più umano: cercare la gioia. Non quella momentanea, non quella solitaria, ma quella condivisa. È un invito a costruire relazioni che ci nutrono e a lasciare andare quelle che ci prosciugano. Perché la felicità è una scintilla, la gioia è un fuoco che si alimenta in due.
E se l’altro non porta legna… beh, non possiamo passare la vita a soffiare sul niente.

Frasi di Vittorino Andreoli sulla gioia

  1. “Tutti noi dovremmo passare dalla felicità alla gioia.”
  2. “Noi tutti vorremmo essere felici, la felicità è una sensazione piacevole, gratificante a seguito di uno stimolo che sembra che ci apporti qualcosa di nuovo.”
  3. “La sensazione di felicità si consuma: finito lo stimolo, la reazione di felicità scompare. Invece noi abbiamo bisogno della gioia, che ha le caratteristiche del ‘noi’, perché per essere gioioso io devo guardare anche all’altro.”
  4. “La gioia dipende anche dall’altro, si riversa sull’altro e deriva dall’altro. La felicità è invece molto egoistica.”

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