Il 7 maggio 2025 resterà scolpito negli annali della Chiesa come il giorno in cui il mondo conobbe il nuovo Papa dopo la morte di Bergoglio: Leone XIV. Ma ben prima che le campane di San Pietro annunciassero la sua elezione, un messaggio sconcertante aveva già prefigurato tutto. Un misterioso “Vincenzo Agostini”, scrivendo a Il Foglio, svelava con glaciale anticipo non solo il nome papale, ma anche l’identità celata dietro quel titolo: Robert Francis Prevost, agostiniano, statunitense e appena creato cardinale da Francesco nel 2023.
Un nome fittizio, un messaggio cifrato
Quel “Vincenzo Agostini” non è un nome qualsiasi. Vincenzo, dal latino vincens, significa “colui che vince”; Agostini richiama chiaramente l’Ordine di Sant’Agostino. Il mittente afferma di trovarsi sul Monte Athos — roccaforte dell’ascetismo ortodosso — e di aver ricevuto la soffiata da una “intelligenza bizantina”: forse un monaco illuminato, forse una rete d’intelligence mascherata. La frase chiave? “Il nome terreno lo si ricava facilmente”: un enigma per pochi, ma destinato a far parlare tutti.

Il tono ieratico di una profezia (controllata)
L’analisi del messaggio pubblicato su Il Foglio mostra uno stile glaciale e privo di emotività. Non c’è alcuna pretesa profetica, solo un’eco sibillina da decifrare. L’intento non è annunciare, ma suggellare: chi sapeva leggere tra le righe aveva già tutto. Il messaggio era un atto pubblico ma codificato, una firma rituale su una scelta compiuta ben prima del conclave.
Conclave o copione già scritto?
L’elezione di Prevost ha colto tutti di sorpresa. Non figurava nei pronostici, non era al centro delle cronache vaticane. Eppure, tutto sembrava preparato da tempo: nel gennaio 2023 era stato nominato Prefetto del Dicastero per i Vescovi, cuore della macchina curiale. Otto mesi prima del conclave, Francesco lo crea cardinale. Il resto è storia. Ma chi ha davvero scritto questo copione?
Le ipotesi portano lontano: reti transnazionali, logge massoniche, apparati d’intelligence, lobby filoatlantiche. Un potere esterno, che non partecipa al conclave ma lo plasma, che agisce prima e sopra i cardinali. Un potere che conosce bene i meccanismi del potere ecclesiastico e sa come farli convergere con agende geopolitiche globali.
Perché proprio Il Foglio?
Il quotidiano scelto per ospitare il messaggio — Il Foglio — è notoriamente liberal-conservatore, vicino a circoli euro-atlantici e filosionisti. Perché rendere pubblico un segreto così scottante? Forse perché, nel mondo dei segni rituali e delle operazioni psicologiche, il vero potere non si nasconde: si mostra. Ma solo a chi sa vedere.
Mostrare in anticipo la propria conoscenza degli eventi diventa così un atto di dominio simbolico. Israele e i suoi circuiti di influenza globale potrebbero aver giocato un ruolo strategico, non religioso, ma di controllo simbolico su ciò che resta del primato cristiano nel mondo.
Leone XIV: un volto rassicurante per un disegno più grande?
Papa Prevost, ora Leone XIV, si presenta come una figura mite, dottrinalmente salda, equilibrata. Ma dietro il volto rassicurante si nasconde forse la continuità di una strategia precisa: un “bergoglismo trasfigurato”, in cui l’agenda sinodale e multilaterale sopravvive, ma sotto nuova veste. Un Papa che non divide, ma nemmeno sovverte. Che rassicura, mentre il disegno continua.
La bomba della legittimità: Benedetto, Francesco, Leone
C’è però un problema esplosivo. Se Benedetto XVI non ha mai rinunciato validamente al munus petrino, ma solo al ministerium, come sostengono alcuni canonisti, allora Francesco non sarebbe stato un Papa legittimo. Di conseguenza, nemmeno i cardinali da lui creati — compreso Prevost — lo sarebbero. E quindi il conclave del 2025 potrebbe essere nullo alla radice. In questo scenario, Leone XIV sarebbe un antipapa inserito in una sequenza apostatica cominciata con una rinuncia forzata e diretta da poteri esterni.
Il romanzo che sapeva tutto: “Il sigillo del Leone”
Il 4 maggio 2025, solo tre giorni prima dell’elezione, Amazon pubblica Il sigillo del Leone, un romanzo firmato da Matteo Orlando. Il protagonista? Un Papa anglofono, saldo nella dottrina, che prende il nome di… Leone XIV. Scritto in un’ora, revisionato in tempo record da due nomi noti del cattolicesimo italiano (Paolo Gulisano e Marco Tosatti), pubblicato indipendentemente e distribuito prima dell’annuncio ufficiale. Troppe coincidenze per parlare solo di ispirazione spirituale.
È fiction o profezia preconfezionata? È un’opera letteraria o un messaggio rituale, progettato per accompagnare simbolicamente un evento già deciso? Quando la realtà si piega al racconto, il romanzo diventa copione. E allora la domanda si fa inquietante: chi ha scritto davvero Il sigillo del Leone? E chi ha orchestrato la sua uscita lampo?
Il (con)tributo di Trump: 14 milioni per Leone XIV?
Ultimo tassello del mosaico: il Quotidiano Nazionale riporta che Donald Trump avrebbe fatto recapitare al Vaticano un assegno da 14 milioni di dollari in occasione del funerale di Papa Francesco. Simbolo economico o rituale? “14” come XIV, Leone XIV. Coincidenza o messaggio cifrato?
Trump, amico del cattolicesimo tradizionalista, non sarebbe il regista, ma il messaggero di poteri più profondi. La donazione può essere letta come un atto di investitura, un tributo antico in forma moderna. E il fatto che sia avvenuto prima dell’elezione ufficiale, suggerisce che il futuro fosse già noto, almeno a chi detiene le leve del vero potere.
Chi guida davvero la Chiesa?
L’elezione di Leone XIV si presenta come un evento “normale” solo in apparenza. Dietro la facciata liturgica e mediatica si intravedono reti, segnali, poteri. Una lettera scritta da un monte sacro, un romanzo pubblicato con inquietante precisione, un assegno milionario dal simbolismo sottile. La Chiesa — da sempre terreno di battaglia tra cielo e terra — sembra oggi muoversi secondo scenari da spy-story mistica, in cui nulla è lasciato al caso.
Le domande si moltiplicano. Ma una le sovrasta tutte: è ancora la fede a guidare la Chiesa o un nuovo potere invisibile ne ha preso le redini?
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