Massimo Cacciari non è semplicemente un filosofo: è un personaggio. Un uomo che non si mette in posa, che non addolcisce nulla, che non cerca il consenso come fosse un bicchiere d’acqua. È uno che parla come pensa, e pensa in modo velocissimo, diretto, spesso tagliente. Quando affronta il tema della vecchiaia sembra quasi divertirsi a far saltare tutte le frasi fatte che da decenni addobbano questo argomento: la vecchiaia che “porta saggezza”, che “porta serenità”, che “porta equilibrio”. Per lui non porta proprio niente. Anzi, toglie. Eppure, in questa sua ironia corrosiva si nasconde una riflessione profonda, necessaria, e anche, volendo, molto umana.

Chi è Massimo Cacciari
Filosofo, veneziano, ex sindaco, polemista nato: Massimo Cacciari è uno che ha letto tutto, studiato tutto e che, quando parla, non sente il bisogno di indossare la maschera del “maestro buono”. Ha un’ironia quasi brutale ma non gratuita: serve a strappare via le narrazioni comode. È schietto, sincero, spesso ruvido, ma sempre lucidissimo.
Sul tema della vecchiaia è forse ancora più netto del solito. Non sopporta la retorica secondo la quale invecchiare significherebbe diventare automaticamente più saggi. Lo dice apertamente, quasi con fastidio:
“Non sopporto nemmeno io le chiacchiere sulla vecchiaia, che diventi più saggio… per carità!”
Per lui l’anziano non è un faro mistico né un oracolo abituato a distribuire verità in pillole. È una persona come le altre, con una lunga storia alle spalle, con limiti naturali che aumentano, con una memoria preziosa e con anni vissuti che contano, ma non al punto da trasformarli in dogmi da imporre agli altri.
Come vede la vecchiaia: tra lucidità, ironia e zero poesia
Massimo Cacciari è molto chiaro: la vecchiaia non è un percorso spirituale verso un livello superiore. Non basta spegnere un certo numero di candeline per diventare saggi come un monaco zen. Lo dice con la sua consueta semplicità devastante:
“La vecchiaia non ti rende più saggio, per un fatto neurale: dai 25 anni perdi milioni di neuroni al giorno.”
Non è cattiveria: è fisiologia. La vecchiaia, per lui, è soprattutto un esercizio di lucidità. È la capacità di capire che non tutto ciò che abbiamo visto, vissuto o imparato ci autorizza a pretendere che il mondo funzioni come vogliamo noi. È un invito alla modestia, non al protagonismo.
“A una certa età bisognerebbe fare come gli antichi cinesi…”
Tra le sue frasi più celebri – e più fraintese – c’è quella che fa sorridere e arrabbiare in egual misura:
“A una certa età bisognerebbe fare come gli antichi cinesi, che partivano in cima a un monte e stavano lì e toglievano il disturbo.”
Ovviamente Cacciari non vuole mandare gli anziani in quarantena spirituale. La sua è un’immagine volutamente esasperata, quasi teatrale, che serve a dire qualcosa di molto semplice: a un certo punto della vita bisognerebbe imparare a farsi più leggeri. Non sparire, ma smettere di ingombrare. Non zittirsi, ma parlare solo quando serve, e soprattutto senza pretendere di dettare le regole di un mondo che ormai viaggia con altre velocità.
In questa frase c’è un messaggio formidabile, utile a tutti. Gli anziani, infatti, meritano il massimo rispetto per ciò che hanno vissuto, per ciò che sanno, per ciò che hanno affrontato. Ma non possono aspettarsi che le generazioni più giovani vivano come loro, scelgano come loro, sbaglino o non sbaglino seguendo criteri stabiliti mezzo secolo prima.
È sacrosanto che un giovane si faccia la sua strada, con i suoi errori, le sue cadute, i suoi slanci. La vita non è un manuale che si può prestare, è un percorso che ognuno deve fare. Cacciari lo ricorda in modo pungente: chi ha già attraversato quel tratto di mondo dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro
L’insegnamento nascosto nelle sue provocazioni
Ascoltandolo bene, Massimo Cacciari non sta togliendo valore alla vecchiaia: gliene sta restituendo uno più autentico. La vecchiaia, secondo lui, è un momento in cui non serve recitare la parte del “vecchio saggio”. È molto più dignitoso essere veri, riconoscere i propri limiti, sorridere delle proprie rigidità e lasciare ai giovani lo spazio per vivere.
Un anziano che non pretende di dirigere la vita altrui diventa immediatamente più ascoltabile. Le sue parole non suonano come un ordine, ma come un regalo. Un consiglio dato non dall’alto, ma dal lato. E questo è forse il gesto più saggio che si possa fare, anche senza volerlo essere.
La vecchiaia deve essere un elegante passo indietro
Massimo Cacciari affronta la vecchiaia con una sincerità che all’inizio spiazza, ma poi illumina. Non la santifica, non la idealizza, ma la libera dalle aspettative. La rende un territorio umano, non mitologico. Ed è proprio in questo che ci offre un insegnamento prezioso: il vero prestigio dell’età non sta nell’imporre il proprio passato agli altri, ma nel saper fare un passo indietro con eleganza. Un po’ come quegli antichi cinesi evocati da Cacciari: non perché sparivano, ma perché avevano compreso che, ogni tanto, il modo migliore per insegnare qualcosa è smettere di voler insegnare tutto.
Frasi di Massimo Cacciari sulla vecchiaia
- “A una certa età bisognerebbe fare come gli antichi cinesi, che partivano in cima a un monte e stavano lì e toglievano il disturbo.”
- “Non sopporto nemmeno io le chiacchiere sulla vecchiaia, che diventi più saggio… per carità!”
- “La vecchiaia non ti rende più saggio, per un fatto neurale dai 25 anni perdi milioni di neuroni al giorno, e ne hai 100 miliardi circa a disposizione”
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