Appena eletto, un Papa può fare un po’ quello che vuole col suo stemma: rivoltarlo come un calzino, aggiungere simboli dorati, modificare il motto… Ma Papa Leone XIV – all’anagrafe Robert Francis Prevost – ha deciso di non toccare quasi nulla. Ha mantenuto lo stesso stemma cardinalizio che l’ha accompagnato da vescovo a porporato. L’unico cambiamento inevitabile? La sostituzione del “galero” (quel cappellone con le nappe rosse) con i simboli papali ufficiali: la mitra e le due chiavi di San Pietro, incrociate a X come due spade di un pirata teologico. La chiave d’oro? Per aprire le porte del Paradiso. La chiave d’argento? Per tenere d’occhio la baracca terrena, ossia il Vaticano. Insomma, un mix tra simbolismo celeste e potere molto concreto.
I simboli dello stemma: gigli, cuori e frecce
Lo stemma di Papa Leone XIV è diviso in diagonale, quasi fosse un campo da calcio ecclesiastico. Nei due settori troviamo:
- in alto a sinistra: un giglio bianco su fondo azzurro. Niente a che vedere con i fiori da matrimonio. Questo giglio rappresenta la purezza e l’innocenza, spesso associata alla Vergine Maria. Un modo elegante per dire: “non ho scheletri nell’armadio”;
- in basso a destra: un libro chiuso su cui poggia un cuore rosso trafitto da una freccia. Tranquilli, non è una scena da telenovela. È un richiamo profondo all’Ordine agostiniano a cui appartiene il Papa. Il libro chiuso rappresenta il mistero della Verità, che – secondo Sant’Agostino – si rivela piano piano, come un buon romanzo che non ti spoilera tutto subito. Il cuore trafitto, invece, è un simbolo potente: l’amore divino che trafigge l’anima. Sant’Agostino, nelle sue Confessioni, diceva:
“Hai trafitto il mio cuore con la tua Parola”
Siamo nel campo delle emozioni forti, altro che Netflix.
L’amore secondo Agostino: sì, ma con criterio
Dietro quel cuore trafitto c’è una visione dell’amore che non è quella zuccherosa dei cioccolatini di San Valentino. Agostino la vedeva così:
“Se tacete, tacete per amore.
Se parlate, parlate per amore.
[…]
Amate, e fate ciò che volete.”
Un programma che sembra semplice, ma che in realtà è un’esortazione potentissima alla coerenza tra sentimento, pensiero e azione. L’amore, per Agostino, non è solo una faccenda di cuore, ma anche di testa e di fede. E Papa Leone XIV, da buon agostiniano, ha deciso che fosse proprio l’amore il centro del suo stemma. Senza sentimentalismi: un amore forte, che sopporta, perdona, accoglie e agisce.
Il motto “In Illo uno unum”: una frase misteriosa, ma non troppo
E adesso veniamo alla frase latina che campeggia nello stemma:
“In Illo uno unum”
Tranquilli, non serve una laurea in filologia classica per capirla. Basta un po’ di contesto.
La frase viene da un commento di Sant’Agostino al Salmo 127. Tradotta suona più o meno così:
“In quell’Uno (cioè Cristo), [siamo] uno”.
Cosa significa? Che i cristiani – per quanto diversi, provenienti da ogni parte del mondo, con mille opinioni e caratteri – sono uniti in Cristo. Una chiamata all’unità, alla comunione, all’essere “uno” nonostante le differenze. Non è una frase per fare bella figura su un anello o su una medaglia. È il cuore del pensiero agostiniano. E anche di Papa Leone XIV.
Un pontefice coerente: lo stemma come carta d’identità spirituale
Alla fine dei conti, Papa Leone XIV ha fatto una scelta controcorrente nella sua semplicità. Ha detto no all’apparenza e sì alla sostanza. Ha mantenuto lo stemma episcopale come segno di continuità e ha deciso di raccontarsi con simboli che parlano chiaro:
- Giglio = purezza.
- Libro chiuso = verità da cercare.
- Cuore trafitto = amore trasformante.
- “In Illo uno unum” = unità nella diversità.
Altro che stemma decorativo: questo è un manifesto. Un messaggio diretto alla Chiesa, al mondo e, perché no, anche ai critici: restiamo uniti, amiamo davvero, e cerchiamo la verità… ma senza perdere il cuore.
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