Concita De Gregorio è una delle voci più autorevoli e apprezzate del giornalismo italiano contemporaneo. Editorialista de La Repubblica, ex direttrice de l’Unità e autrice di libri e riflessioni profonde sulla vita, l’affetto, la solitudine e le relazioni umane, la De Gregorio ha sempre avuto un modo intenso e umano di raccontare il mondo. In un recente pezzo per la sua rubrica Casamatta, ha messo sotto la lente di ingrandimento qualcosa che spesso diamo per scontato: gli abbracci e il contatto fisico. Per lei, abbracciarsi non è un gesto frivolo ma una necessità vitale, così importante da essere paragonata al respiro, alla cura, alla sopravvivenza stessa. Ecco perché la sua frase: “Senza abbracci si muore, ma toccarsi è diventato un tabù”, ci riguarda tutti e ci invita a riflettere con leggerezza e una punta di saggezza.

Chi è Concita De Gregorio
Concita De Gregorio non è solo una giornalista, è una narratrice della vita. Con una carriera che l’ha vista al timone di testate prestigiose e con libri che toccano temi delicati come l’amore, la perdita, la fragilità e la maternità, Concita De Gregorio ha saputo intrecciare una voce personale con quella collettiva. È una donna che ha vissuto esperienze profonde, tra cui la sua battaglia contro una grave malattia, e che non ha paura di raccontare le ferite, le domande difficili e le piccole verità quotidiane. Nel suo articolo “Senza abbracci si muore. Ma toccarsi è diventato un tabù” per La Repubblica, la De Gregorio apre con un’immagine potente:
“Ho sempre freddo. Quel freddo lì: chi conosce gli effetti dei veleni che guariscono, per un poco almeno, dai mali peggiori e provocano mali minori lo sa.”
È un freddo che non si risolve con una coperta, che viene dalle ossa, e Concita De Gregorio si chiede se non sia proprio la “orfanità di abbracci” a gelare il nostro cuore e il nostro corpo.
Abbracci: cosa sono per lei e perché sono importanti
Per Concita De Gregorio, l’abbraccio è un linguaggio del corpo primario, quasi ancestrale, che parla senza parole ma comunica tutto: conforto, vicinanza, cura. Nel suo articolo richiama un libro che parla proprio del tatto come linguaggio universale e di come le carezze possono alleviare il dolore anche nelle situazioni più difficili, come le cure palliative o la paura di una puntura per un bambino.
Lei scrive che “l’assenza di contatto, da pelle a pelle, ammala” perché genera non solo disagio emotivo, ma anche mentale e fisico. È un concetto forte, quasi scientifico, ma raccontato con quella precisione narrativa che tratta la sofferenza umana con delicatezza e realismo. Nel “deserto di abbracci”, dice, si muore. Eppure, nella nostra società, toccarsi non si può più fare come una volta: diventa complicato, regolato da timori, permessi sociali, paure di invadere lo spazio altrui.
Perché “toccarsi è diventato un tabù“
Concita De Gregorio usa esempi che fanno sorridere, ma che feriscono per quanto sono veri. Racconta che in Svezia, secondo un’amica, nessuno ti tocca senza chiedere; persino una mano sulla spalla deve essere previa autorizzazione. Questa dinamica, che nasce da un’esigenza comprensibile di rispetto e protezione, finisce però per trasformarsi in distanza e solitudine. Diciamo che è diventato un tabù toccarsi, e cioè qualcosa che non si fa, o che si fa solo dopo permesso e con rigidità protocollare.
E così, paradossalmente, siamo circondati da persone, ma lontani nei nostri corpi. Il tocco non è più spontaneo, avvolgente, naturale, ma qualcosa da negoziare. La De Gregorio osserva con ironia amara che questo comportamento può perfino rendere difficile fare gesti minimi di gentilezza: una carezza sulla spalla, un abbraccio improvviso per consolare, un gesto che una volta era normale, oggi diventa fonte di incertezza e imbarazzo.
Senza abbracci si muore
Quando Concita De Gregorio afferma che “senza abbracci si muore”, non intende necessariamente la morte fisica nell’immediato, ma quella lenta, silenziosa, della capacità di connettersi, di sentirsi vivi, di mantenere un contatto autentico con gli altri. Gli abbracci sono come il sale in cottura: non si vede, ma tutto il sapore della vita dipende da essi. Senza di essi, le nostre relazioni, la nostra capacità di empatia, la nostra salute emotiva rischiano di svanire. E se si perde la capacità di toccare o essere toccati, si rischia di perdere anche il senso più profondo del vivere insieme.
Concita De Gregorio conclude con un’immagine semplice, ma profondamente umana: quando qualcuno trema, potrebbe non essere solo freddo; potrebbe essere un invito, implicito e urgente, ad abbracciarlo. La frase è un invito alla cura reciproca, alla presenza fisica e mentale.
Senza abbracci ci sentiamo soli e abbiamo freddo
In un mondo che corre, che si digitalizza, che impara a tenere distanze per paura e per sicurezza, il messaggio di Concita De Gregorio è un richiamo alla nostra natura umana più vera. Gli abbracci non sono un lusso, ma una parte integrante della nostra salute emotiva e biologica. Senza di essi, davvero, rischiamo di essere più soli, più freddi, e sì… un po’ meno vivi.
Frasi di Concita De Gregorio sugli abbracci
- “Nel deserto di abbracci si muore.”
- “Le carezze alleviano il dolore… l’assenza di contatto, da pelle a pelle, ammala.”
- “E se non vi sembra che faccia freddo, per voi, allora abbracciatelo.”
- “Toccarsi ed essere toccati è diventato un divieto sociale, ma non ha smesso di essere una necessità.”
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