Le frasi di Corrado Augias su Sinner, è polemica per “un italiano per caso e riluttante”: e tu da che parte ti schieri?

Corrado Augias, noto giornalista, ha pubblicato il 16 maggio su La Repubblica un articolo che non è passato inosservato. L’obiettivo? Jannik Sinner, il tennista azzurro ormai diventato idolo nazionale, è stato definito da Augias “un italiano riluttante”. Ma non è tutto. Sinner – secondo l’autore – sarebbe “italiano per caso, figlio dell’ambigua situazione di quella città del Trentino-Alto Adige”, con tanto di riferimento al suo “italiano stentato”. Insomma, una bordata in piena regola. Il problema? Non solo si colpisce un atleta che sta portando il tricolore in cima al mondo, ma si riapre un discorso spinoso e delicato: quello dell’identità culturale dell’Alto Adige.

Le frasi di Corrado Augias su Sinner

Jannik Sinner, l’italiano da esportazione (ma non abbastanza per tutti)

Che Sinner non parli come un romano de’ Roma lo avevamo capito. Che venga da San Candido, anzi Innichen, pure. Ma da qui a dire che sia un “italiano per caso”, il passo è lungo e scivoloso. È vero: già in passato alcuni lo avevano accusato di non cantare l’inno con abbastanza trasporto o di non sentire la maglia azzurra sulla pelle. Ma il ragazzo ha risposto sul campo: Coppa Davis, Slam, numero uno del mondo. Serve altro per meritarsi la cittadinanza onoraria?

Il paradosso è che proprio chi ama tanto l’Italia sembra dimenticarsi che l’Italia, per Costituzione, è un Paese “fondato sulle differenze”. Altrimenti, che ce ne facciamo dell’Autonomia? Della diversità linguistica? Dei canederli?

Kompatscher risponde: “Noi siamo un modello, non un problema”

La replica non si è fatta attendere. Arno Kompatscher, governatore altoatesino, ha risposto con una lettera che è un piccolo trattato di educazione civica. Parole chiare e decise:

L’Autonomia è una storia di successo, che lo Stato dovrebbe rivendicare con orgoglio

Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano difende il diritto di ogni cittadino a parlare la propria lingua, a coltivare la propria cultura e a costruire un’identità plurale, non imposta dall’alto. E lancia una stoccata durissima:

Mi inquieta che non abbiamo ancora imparato quanto il concetto di popolo unico abbia contribuito ai disastri del secolo scorso

Touché.

Un’Italia a due velocità? No, un’Italia a più anime

Alla base della polemica c’è una domanda antica e sempre attuale: cosa vuol dire essere italiani? Parlare un italiano perfetto? Avere un nome che finisce in -ini o -etti? O forse essere nati e cresciuti in un Paese e rappresentarlo con orgoglio, ognuno con la propria storia?

Jannik Sinner è cresciuto tra le montagne, ha parlato tedesco e ladino prima dell’italiano, ma quando entra in campo, è Italia tutta intera. E forse il vero problema non è lui. È l’idea che l’italianità debba avere un timbro unico, come il Parmigiano Dop. E invece no: ci sono mille accenti, mille sfumature, mille identità. E proprio per questo funziona.

Sinner, l’orgoglio di non essere un cliché

La verità è che Jannik Sinner dà fastidio a chi ha bisogno di incasellare tutto. Non rientra nel cliché dell’atleta passionale e impulsivo. Non fa scenate, non urla, non spacca racchette. Sorride poco e vince tanto. E lo fa senza sventolare ogni secondo il tricolore, ma facendoci emozionare lo stesso.

È italiano? Certo. È anche altoatesino, europeo, cittadino del mondo. E se questo dà fastidio, forse è il momento di cambiare lente.

Da che parte stai?

Alla fine, come spesso accade, la polemica ci dice più di chi la fa che di chi la subisce. Sinner continua a giocare. Augias continua a scrivere. Ma la domanda resta: preferiamo un’Italia che esclude o un’Italia che accoglie? Un’Italia che controlla l’accento o che celebra il talento?

E tu da che parte ti schieri?

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