Paolo Giordano è uno di quegli scrittori che non si limita a inventare storie: scava. Scava nell’animo umano, nelle relazioni, nelle crepe che ci portiamo dentro e, inevitabilmente, anche in quel legame misterioso e potentissimo tra genitori e figli. L’autore de La solitudine dei numeri primi non ha mai scritto un manuale di pedagogia, ma con le sue parole riesce a fotografare meglio di tanti trattati quello che succede quando un genitore si trova davanti al grande salto: lasciare andare i propri figli.
Paolo Giordano: l’uomo dietro lo scrittore
Fisico di formazione, scrittore per vocazione, Paolo Giordano è uno che maneggia numeri e parole con la stessa grazia. Da buon osservatore della vita, non racconta favole zuccherose: preferisce la realtà, con tutte le sue contraddizioni. Quando parla dei figli, non lo fa come il “guru” da manuale di self-help, ma come un uomo che ha capito (o almeno intravisto) l’essenza del crescere insieme: i figli non sono nostri, ci appartengono solo a metà, e poi a un certo punto se ne vanno.
I figli come altalene
La sua frase più celebre sull’argomento è ormai un piccolo classico:
“Arriva un momento in cui i figli ti si staccano dalle mani, come sull’altalena, quando li spingi per un pezzo e poi li lasci andare. Mentre salgono più in alto di te, non puoi fare altro che aspettare, e sperare che si reggano saldi alle corde. L’oscillazione te li restituisce, prima o poi, ma diversi e mai più tuoi.”
Perché funziona questa immagine? Perché dice la verità che ogni genitore teme: i figli non si possono trattenere. Crescono, ti guardano dall’alto, si credono invincibili (e forse lo sono, almeno per un po’), e a te non resta che guardare, pregare e trattenere l’ansia. È il destino di ogni padre e madre: passare dalla presa salda delle mani al gesto di lasciar andare.
Una lezione per i genitori: lasciarli andare senza panico
Molti genitori si aggrappano ai figli come se fossero l’ultimo appiglio della propria vita, dimenticando che il compito più difficile è proprio mollare la presa. Paolo Giordano lo sa e ce lo ricorda: l’altalena va spinta, non trattenuta.
Certo, l’idea di vederli lanciarsi nel mondo con le ginocchia sbucciate, le scelte sbagliate e le curve impreviste fa tremare i polsi. Ma il punto è proprio questo: non puoi controllare il volo. Puoi solo sperare che abbiano la forza di tenersi stretti alle corde e che l’oscillazione li riporti a te, magari cambiati, magari più saggi, ma sempre figli.
Perché questa frase ci serve (anche se fa male)
La frase di Paolo Giordano è utile ai genitori perché li obbliga a fare i conti con la realtà: i figli non sono un prolungamento di noi stessi, ma esseri autonomi che a un certo punto prendono la loro strada. Il compito di un genitore non è costruire un percorso senza curve, ma insegnare a non uscire di strada quando le curve arrivano. In altre parole: non si può eliminare il dolore, ma si può trasmettere la capacità di affrontarlo.
E sì, ammettiamolo: se davvero potessimo scegliere, vorremmo un’autostrada dritta e senza traffico per i nostri figli. Ma la vita non è la Milano-Napoli a tre corsie. È più simile a una stradina di montagna, piena di tornanti, dove speri solo che i freni reggano.
Frasi di Paolo Giordano sui figli
- “Arriva un momento in cui i figli ti si staccano dalle mani, come sull’altalena, quando li spingi per un pezzo e poi li lasci andare. Mentre salgono più in alto di te, non puoi fare altro che aspettare, e sperare che si reggano saldi alle corde. L’oscillazione te li restituisce, prima o poi, ma diversi e mai più tuoi.”
- “I figli sono come numeri primi gemelli: vicini ma separati da un unico numero pari che non permette loro d’incontrarsi, nonostante siano così vicini.”
- “Tu hai quindici anni e questo ti vincola alle decisioni dei tuoi genitori per ancora tre anni.”
- “Diceva il grande Eduardo De Filippo: ‘E figli so’ piezze ‘e core fino a quando ‘e tiene ‘mbraccio’, ma oggi forse occupano ancora di più i nostri pensieri, le nostre paure, le nostre speranze.”
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