Frase
  • Sul modo con cui fu da Rossini composto il suo capo d’opera comico, il Barbiere di Siviglia, abbiamo i seguenti particolari narrati dal maestro Hèquet, il quale a suo dire li tenea dal maestro.
    A Roma nella casa stessa ove abitavano Rossini e il basso Zamboni, abitava pure il tenore Garcia. Ciascuno avea una camera che dava in un salotto comune ove era il pianoforte. Rossini collocò sul leggìo di questo istromento il libretto; si fece serio, non usci più fuori di casa, non indirizzò più motto ad alcuno. Era tutto assorto nel suo lavoro. I suoi compagni si guardavano bene dal disturbarlo. Durante sette giorni e sette notti egli interruppe quel lavorio indefesso, solo per prendere leggiere refezioni e dormire tre o quattro ore. Passeggiava nel salotto, ora a passi concitati, ora lenti; andava alla finestra e soffermavasi dinanzi al pianoforte sul quale provava qualche accordo; di melodia non si occupava né colle mani né colla voce. In capo alla prima settimana non aveva per anco scritto nulla. La sera del settimo giorno Garcia e Zamboni stimarono opportuno di fargliene parola.
    - "Or bene… che pensi?… che cosa intendi di fare?"
    - "Di notte fai un fracasso indemoniato col pianoforte".
    - "E intanto il tempo passa, non hai ancor fatto nulla".
    - "Non ho fatto nulla? - sciama Rossini - Vuoi che ti canti l’aria d'Almaviva?
    - "Ci avrò tanto gusto".
    - "Sta a sentire..." - E Rossini comincia: 'Ecco ridente in cielo'.
    - "E tu o Zamboni vuoi sentir l'aria di Figaro: 'Largo al factotum della Città?' - Vuoi la cavatina di Rosina?… Paria di Don Bartolo?… E quella di Don Basilio?… e il duetto del conte? e il duetto di Figaro con Rosina?… e il quintetto…. e il finale?…".
    Rossini aveva terminato la sua opera. Lo spartito intero era nella sua testa, e non gli restava più che da scriverlo.
    Quella notte dormì profondamente.
    Alla domane fece venire i copisti del teatro. Fu collocata in mezzo al salotto una gran tavola rotonda alla quale si assisero tutti col maestro, che si mise a scrivere il suo capolavoro con incredibile velocità. Non si fermava mai, né tampoco rileggeva quanto gli usciva dalla penna.
    Di mano in mano che una pagina di carta di musica era piena, la passava senza voltarla ai copisti, i quali scrivevano immediatamente le parti d’orchestra. Appena un pezza era finito lo portava al teatro e le prove cominciavano.
    Nella sua fretta di comporre, Rossini aveva tralasciato la romanza che Almaviva deve cantare sotto la finestra di Rosina: Io son Lindoro….
    Garcia voleva la sua romanza.
    - "Viva Iddio! - esclamò Rossini - io ne ho abbastanza Se tu la vuoi, fattela da
    per te.
    E così fece Garcia e la romanza riuscì non indegna del resto.

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Gioacchino Rossini

10/12/2014 alle 13:24
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