Ultime lettere di Jacopo Ortis
Frasi di “Ultime lettere di Jacopo Ortis” 46 citazioni
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“Coloro che non furono mai sventurati, non sono degni della loro felicità.”
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“E perchè farci vedere e sentire la libertà, e poi ritorcela per sempre? e infamemente!”
“Io non so né perché venni al mondo; né come, né cosa sia il mondo; né cosa io stesso mi sia. E s'io corro ad investigarlo, mi ritorno confuso d'una ignoranza sempre più spaventosa. Non so cosa sia il mio corpo, i miei sensi, l'anima mia; e questa stessa parte di me che pensa ciò ch'io scrivo, e che medita sopra di tutto e sopra se stessa, non...” (continua)(continua a leggere)
“Che è mai l'uomo? Il coraggio fu sempre dominatore dell'universo perché tutto è debolezza e paura.”
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“Gli uomini non potendo per sé stessi acquistare la propria e l'altrui stima, si studiano d'innalzarsi, paragonando que' difetti che per ventura non hanno, a quelli che ha il loro vicino. Ma chi non si ubriaca perché naturalmente odia il vino, merita egli lode di sobrio?”
“L'uomo non gode de' suoi giorni; e se talvolta gli è dato di passeggiare per li fiorenti prati d'Aprile, dee pur sempre temere l'infocato aere dell'estate, e il ghiaccio mortale del verno.”
“Coloro che non furono mai sventurati, non sono degni della loro felicità.”
“Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito?”
“Da quella tua lettera comincia la storia dell'amor nostro e non mi abbandonerà mai. O mia Teresa! e questi son pure delirj: ma sono insieme la sola consolazione di chi è insanabilmente infelice. Addio. Perdonami, mia Teresa — ohimè, io mi credeva più forte! — scrivo male e di un carattere appena leggibile; ma ho l'anima lacerata, e il pianto su...” (continua)(continua a leggere)
“Il viaggiatore verrà invano di lontana terra a cercare con meraviglia divota la stanza armoniosa ancora dei canti celesti del Petrarca. Piangerà invece sopra un mucchio di ruine coperto di ortiche e di erbe selvatiche fra le quali la volpe solitaria avrà fatto il suo covile. Italia! placa l'ombre de' tuoi grandi.”
“I tuoi confini, o Italia, son questi! ma sono tutto dì sormontati d'ogni parte dalla pertinace avarizia delle nazioni. Ove sono dunque i tuoi figli? Nulla ti manca se non la forza della concordia. Allora io spenderei gloriosamente la mia vita infelice per te: ma che può fare il solo mio braccio e la nuda mia voce? — Ov'è l'antico terrore della...” (continua)(continua a leggere)
“L'universo si controbilancia. Le nazioni si divorano perchè una non potrebbe sussistere senza i cadaveri dell'altra. Io guardando da queste Alpi l'Italia piango e fremo, e invoco contro agl'invasori vendetta; ma la mia voce si perde tra il fremito ancora vivo di tanti popoli trapassati, quando i Romani rapivano il mondo, cercavano oltre a' mari...” (continua)(continua a leggere)
“Facciamo tesoro di sentimenti cari e soavi i quali ci ridestino per tutti gli anni, che ancora forse tristi e perseguitati ci avanzano, la memoria che non siamo sempre vissuti nel dolore.”
“Chiunque si guadagna sia pane, sia gemme con l'industria sua personale, e non è padrone di terre, non è se non parte di plebe; meno misera, non già meno serva.”
“Giacchè tu vedi ch'io non mi affatico, che per annacquare il sentimento che m'infiamma e stemprarlo in un languido fraseggiamento.”
“Pubblicando queste lettere, io tento di erigere un monumento alla virtù sconosciuta; e di consecrare alla memoria del solo amico mio quelle lagrime, che ora mi si vieta di spargere su la sua sepoltura. E tu, o Lettore, se uno non sei di coloro che esigono dagli altri quell'eroismo di cui non sono eglino stessi capaci, darai, spero, la tua...” (continua)(continua a leggere)
“Il non conoscere gli uomini è pur cosa pericolosa; ma il conoscerli quando non s'ha cuore da volerli ingannare è pur cosa funesta!”
“Io giudice, condannerei tutti i delinquenti; ma io uomo, ah! penso al ribrezzo col quale nasce la prima idea del delitto; alla fame e alle passioni che trascinano a consumarlo; agli spasimi perpetui; al rimorso con che l’uomo si sfama del frutto insanguinato della colpa, alle carceri che il reo si mira sempre spalancate per seppellirlo - e se...” (continua)(continua a leggere)
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“Una domenica intesi il parroco che sgridava i villani perché s'ubbriacavano. E non s'accorgeva come avvelenava a que' meschini il conforto di addormentare nell'ebbrietà della sera le fatiche del giorno, di non sentire l'amarezza del loro pane bagnato di sudore e di lagrime, e di non pensare al rigore e alla fame che il venturo verno minaccia.”
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“Io non sarò giudice mai. In questa valle dove l'umana specie nasce, vive, muore, si riproduce, s'affanna, e poi torna a morire, senza saper come nè perché. Io non distinguo che fortunati e sfortunati.”
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